Decreto Sicurezza, caos in Senato: protesta clamorosa delle opposizioni, seduta sospesa tra tensioni
Una scena fuori dall’ordinario ha caratterizzato una delle giornate più tese degli ultimi mesi in Senato. Durante la discussione e il voto finale sul controverso decreto sicurezza, i senatori delle opposizioni – in particolare del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra – hanno deciso di mettere in atto una protesta simbolica quanto plateale: si sono seduti per terra, incrociando le gambe, voltando le spalle ai banchi del governo.
Un gesto forte, carico di significati politici e simbolici, che ha reso evidente il livello di scontro tra le forze di maggioranza e quelle di minoranza.
Questa manifestazione di dissenso è avvenuta all’inizio di una seduta che si preannunciava già particolarmente tesa. Il decreto sicurezza, fortemente voluto dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, è stato infatti sottoposto al voto di fiducia, scelta che ha scatenato una durissima reazione da parte delle opposizioni.
Secondo i gruppi parlamentari contrari al provvedimento, si tratta di una forzatura inaccettabile delle regole democratiche, che priva il Parlamento del suo ruolo centrale nel processo legislativo.
Un voto contestato: le accuse di forzature istituzionali
Le opposizioni hanno criticato con veemenza la decisione di ricorrere al voto di fiducia su un tema così delicato come quello della sicurezza. In particolare, viene contestato il fatto che il decreto sia stato approvato in Consiglio dei ministri già ad aprile, saltando di fatto un percorso parlamentare approfondito. Un iter considerato scorretto dai senatori di minoranza, che avrebbero voluto discutere gli emendamenti in commissione e portare avanti un dibattito democratico in aula.
Per i parlamentari di Alleanza Verdi e Sinistra, il provvedimento è stato ribattezzato il “decreto dell’orrore”, un’espressione che sintetizza la loro totale contrarietà al contenuto del testo. Anche i senatori del Partito Democratico non hanno usato mezzi termini, definendo il decreto “una vergogna assoluta” che riflette, a loro dire, una visione autoritaria della sicurezza e un rifiuto del dissenso sociale.