Il futuro del gruppo Gedi è entrato ufficialmente nel dibattito politico nazionale. La possibile cessione di testate storiche come La Stampa, La Repubblica, L’HuffPost e le attività radiofoniche a un gruppo straniero ha generato una preoccupazione crescente nelle redazioni, tra i sindacati dei giornalisti e all’interno del governo.
La Russa ai giornalisti: “Preoccupazioni giustificate, sono dalla vostra parte”
Durante lo scambio di auguri natalizi con la stampa parlamentare, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha espresso una posizione netta a favore dei giornalisti del gruppo. Un messaggio chiaro rivolto sia alla proprietà attuale — il gruppo Exor di John Elkann — sia al potenziale acquirente straniero.
«Le proprietà hanno il diritto di vendere, ma non di imporre linee editoriali alle redazioni», ha detto La Russa, offrendosi addirittura come mediatore: «Le vostre preoccupazioni non solo le capisco, ma sono a vostra disposizione per favorire risposte concrete».
Il presidente del Senato ha poi aggiunto, scherzando, un commento divenuto virale: «Chi sono io per dire a Elkann quello che deve fare?». Ma ha comunque assicurato che il governo seguirà da vicino ogni passaggio.
Il governo convoca Gedi: Barachini chiede chiarimenti
Il sottosegretario con delega all’editoria Alberto Barachini ha convocato i vertici del gruppo e i Cdr delle principali testate. L’obiettivo è ottenere garanzie precise su tre punti:
- Tenuta occupazionale dei giornalisti e dei dipendenti
- Indipendenza editoriale delle testate
- Trasparenza sulla solidità del potenziale acquirente
L’operazione prevede la cessione degli asset editoriali del gruppo Exor all’Antenna Group di Theodore Kyriakou, un soggetto che — al momento — non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito ai suoi progetti per il mercato italiano.
Opposizioni all’attacco: “Il governo riferisca subito in Parlamento”
La notizia della cessione ha compattato anche una parte dell’opposizione. Esponenti di Avs e Pd, tra cui Elisabetta Piccolotti e Stefano Graziano, hanno chiesto che il governo riferisca in Parlamento. “Chiediamo una informativa urgente al governo: è ufficiale, il gruppo Gedi ha annunciato la vendita di Repubblica, le radio e attività digitali”, ha detto nel suo intervento anche il vice capogruppo di Avs Marco Grimaldi.
Piccolotti ha richiamato episodi recenti che hanno alimentato tensione sul ruolo dell’informazione, citando l’attentato a Ranucci, il caso Paragon e la vicenda dello spyware Graphite. «Servono garanzie concrete per la libertà di stampa. La vendita di Gedi senza tutele sarebbe un segnale gravissimo», ha dichiarato.
Anche il senatore dem Filippo Sensi ha scritto sui social: «Repubblica e La Stampa non sono semplici testate: sono un patrimonio culturale che chiede rispetto e certezza sul futuro».
“Gedi spolpato”: la denuncia dei gruppi parlamentari
Duro anche il commento di Nicola Fratoianni (Avs), che definisce la situazione «un caso emblematico di smembramento di un gruppo editoriale in nome di logiche finanziarie».
Negli ultimi anni, diversi quotidiani locali del gruppo Gedi sono stati ceduti, ridimensionati o incorporati in operazioni industriali che hanno ridotto organici, investimenti e presenza territoriale.
Ora il pacchetto composto da Repubblica, La Stampa, l’HuffPost e le radio rappresenta gli ultimi asset di alto valore rimasti. La loro vendita, sostengono i parlamentari, rischia di lasciare il Paese senza garanzie sulla qualità dell’informazione.
Cosa chiede il Cdr: “Nessuna garanzia ricevuta”
Dopo l’incontro con la proprietà, i Cdr delle principali testate hanno diffuso una nota molto critica. Secondo i comitati di redazione:
- non ci sono garanzie sul futuro delle testate
- non ci sono certezze occupazionali
- non è stata garantita la solidità dell’acquirente
- non è chiaro il destino di attività strategiche come infrastrutture digitali e produzione video
«In gioco c’è una testata che ha scritto la storia del giornalismo italiano, con un forte radicamento territoriale. Non può essere svenduta», si legge nella nota.
Una partita che riguarda tutto il sistema dell’informazione
La vendita del gruppo Gedi non è soltanto una questione industriale. È un test politico e culturale che riguarda il futuro dell’informazione italiana.
La vicenda riapre infatti tre grandi questioni:
- Il ruolo degli editori “puri” e dei gruppi finanziari nel controllo dell’informazione
- La necessità di regole più forti per proteggere il lavoro giornalistico
- Il rischio di concentrazioni opache in un settore già fragile
Il governo ha annunciato che monitorerà la situazione. Le opposizioni chiedono trasparenza. Le redazioni pretendono garanzie. Ma al momento, l’esito finale della trattativa resta avvolto nell’incertezza.


















