venerdì, Marzo 14

Garlasco: il Dna di Andrea Sempio, le indagini e i nuovi dubbi sul caso di Chiara Poggi

Secondo Linarello, i profili genetici risultavano utilizzabili a fini investigativi. Tuttavia, questa affermazione venne smontata nella decisione di archiviazione del giudice Fabio Lambertucci, il quale dichiarò la consulenza “radicalmente priva di attendibilità”. La questione del Dna, dunque, si rivelò più complessa di quanto inizialmente ipotizzato.

La perizia e i risultati contraddittori

Uno degli elementi critici della vicenda fu il fatto che le analisi di laboratorio ripetute più volte portarono a risultati differenti. Le tre ripetizioni effettuate, alla presenza di periti, difensori e consulenti delle parti coinvolte, restituirono esiti discordanti, rendendo impossibile un confronto univoco.

Inoltre, il perito Francesco De Stefano evidenziò che i risultati delle analisi erano “incostanti, gravati da possibile degradazione e soggetti a probabile contaminazione ambientale”. In sostanza, il Dna non poteva essere considerato un elemento probatorio affidabile. Il giudice confermò questa posizione, sottolineando che il Dna repertato non era attribuibile con certezza a nessuno, nemmeno ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio.

L’archiviazione della prima inchiesta su Sempio

La prima archiviazione dell’inchiesta su Andrea Sempio non si limitò a smentire il valore della consulenza genetica, ma si spinse oltre. Il giudice Lambertucci definì la perizia “assai suggestiva ma totalmente priva di valore scientifico” e aggiunse che questo bastava per chiudere le indagini nei confronti di Sempio.

Tuttavia, per completezza, il giudice considerò anche l’ipotesi che il Dna appartenesse effettivamente a Sempio e spiegò come la sua presenza sulle unghie di Chiara Poggi potesse essere dovuta a una contaminazione indiretta. Sempio, infatti, frequentava la casa della famiglia Poggi e utilizzava il computer fisso condiviso con Marco Poggi, fratello della vittima. Giocando ai videogiochi e utilizzando la tastiera, il materiale genetico di Sempio avrebbe potuto trasferirsi sugli oggetti presenti in casa e, di conseguenza, sulle mani di Chiara.

L’archiviazione della prima inchiesta confermò dunque che il Dna trovato non solo non era attribuibile con certezza a Sempio, ma che anche in caso di compatibilità non sarebbe stato un elemento incriminante, data la frequentazione abituale della casa Poggi.

La seconda indagine su Sempio e le nuove ipotesi

Nonostante la chiusura della prima inchiesta, la Procura di Pavia ha insistito per riaprire il caso. Nel 2020, infatti, venne condotta una seconda indagine su Andrea Sempio, supportata dai carabinieri di Milano. Questa nuova fase investigativa si basava nuovamente su alcuni elementi già analizzati in passato, tra cui il Dna, alcune telefonate giudicate sospette e la presenza di impronte di scarpe sulla scena del delitto.

Uno degli aspetti più controversi riguardava la misura delle impronte rinvenute sulla scena del crimine. Secondo alcuni investigatori, la misura poteva corrispondere al 44 di Sempio piuttosto che al 42 di Alberto Stasi. Tuttavia, il giudice Pasquale Villani archiviò anche questa seconda indagine, ritenendo che gli accertamenti svolti non portassero a conclusioni diverse da quelle già emerse in passato.

L’ipotesi del duplice autore e la sua esclusione

Nel corso dell’indagine del 2020, venne anche avanzata l’ipotesi di un possibile duplice autore del delitto, scenario che avrebbe potuto cambiare drasticamente il quadro investigativo. Tuttavia, tale teoria venne definitivamente scartata dalla magistratura con la seguente motivazione: “Una complessa attività di integrazione probatoria ha escluso la presenza di correi”. In altre parole, non esistono elementi concreti che suggeriscano che Chiara Poggi sia stata uccisa da più di una persona.

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