sabato, Giugno 7

Garlasco, nuova svolta; non si trova la prova regina contro Andrea Sempio

Una delle scoperte più rilevanti riguarda il dito anulare sinistro della vittima. Su quella parte del corpo è stata individuata una traccia di DNA maschile non riconducibile ai due principali sospettati. Questa evidenza suggerisce la possibile presenza di un altro soggetto sulla scena del crimine, un individuo di sesso maschile ancora non identificato.

 

Sebbene non si possa escludere la possibilità che queste tracce siano frutto di una contaminazione posteriore all’omicidio, la loro presenza riaccende il dibattito sulla colpevolezza di Stasi e sull’eventuale coinvolgimento di altri soggetti, magari mai realmente indagati a fondo.

 

Reperti scomparsi: impronte e vestiti della vittima

Oltre al DNA, mancano all’appello anche altri reperti materiali. In particolare, sarebbe andata perduta una parte del pigiama che Chiara indossava al momento del delitto. Su quel tessuto era presente un’impronta di grande interesse investigativo. Anche la famosa “impronta 33”, rilevata sull’intonaco della casa dei Poggi, risulterebbe oggi non più disponibile per ulteriori esami.

 

Queste mancanze complicano ulteriormente il lavoro degli inquirenti. L’assenza di reperti chiave impedisce di effettuare nuovi confronti e analisi, lasciando spazio a ipotesi, ma anche a dubbi profondi sull’efficacia e sulla correttezza dell’iter giudiziario svolto fino a questo momento.

 

Cosa accadrà ora? Le nuove richieste della difesa e della famiglia Poggi

L’avvocato della famiglia Poggi ha chiesto ufficialmente di estendere il prelievo del DNA a un numero più ampio di persone. L’obiettivo è verificare se la traccia rilevata sull’anulare della vittima possa essere attribuita a una contaminazione accidentale, magari avvenuta durante i rilievi o nei momenti successivi all’omicidio.

 

Non si esclude, infatti, che anche alcuni membri delle Forze dell’Ordine possano essere chiamati a sottoporsi ai test del DNA. È possibile che, durante i rilievi sulla scena del crimine, qualcuno possa aver involontariamente lasciato tracce biologiche, confondendo così i risultati.

 

Le implicazioni giudiziarie: un processo da riaprire?

Questi nuovi elementi riaccendono inevitabilmente la discussione sull’eventualità di riaprire il processo o, quantomeno, riesaminare alcune fasi cruciali delle indagini. Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di reclusione, ha sempre professato la propria innocenza. Oggi, con la scoperta di tracce genetiche sconosciute, la sua difesa potrebbe avere nuove carte da giocare.

 

Resta tuttavia il problema principale: la mancanza dei reperti originali. Senza la possibilità di effettuare nuove analisi sui materiali fisici, la verità rischia di restare inaccessibile o, peggio, distorta da errori procedurali del passato.

 

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