Gli inquirenti hanno infatti ritenuto che sussistano elementi sufficienti per procedere con l’accusa di violazione della privacy a sfondo sessuale, un reato che ricade pienamente nella categoria del revenge porn, anche in assenza di una volontà esplicita di vendetta. La chiave dell’accusa risiede nella mancanza di consenso da parte della ragazza alla registrazione e alla diffusione del materiale intimo.
Le accuse della Procura e il ruolo della comunicazione tra i due ragazzi
Nella richiesta di rinvio a giudizio, i pubblici ministeri sottolineano che Leonardo La Russa avrebbe ripreso la ragazza durante un rapporto intimo senza aver ottenuto da lei alcuna autorizzazione. Successivamente, il video sarebbe stato trasmesso tramite messaggio a Tommaso Gilardoni, il quale avrebbe proseguito nella condivisione del contenuto con una terza persona.
L’aspetto aggravante, secondo gli inquirenti, è proprio la diffusione a terzi del materiale, anche se effettuata in un contesto privato e non su larga scala. Infatti, la legge sul revenge porn non richiede necessariamente che i contenuti vengano pubblicati su internet: è sufficiente che vengano inoltrati ad almeno un’altra persona senza il consenso del soggetto ritratto.
Le difese degli imputati: “Nessuna finalità offensiva”
Le difese di Leonardo La Russa jr e Tommaso Gilardoni hanno respinto ogni accusa, dichiarando che i video sarebbero stati realizzati in un clima consensuale e che non vi fosse alcuna intenzione di umiliare o danneggiare la ragazza. I legali hanno inoltre sostenuto che il materiale non sarebbe mai stato pubblicato né diffuso con finalità denigratorie.
Tuttavia, per la Procura, le conversazioni scambiate via messaggio tra i due amici, nonché i video stessi, rappresentano prove sufficienti per procedere con l’imputazione. Il reato di revenge porn, introdotto nella normativa italiana nel 2019 con l’articolo 612-ter del codice penale, punisce la diffusione non consensuale di contenuti intimi, a prescindere dal contesto in cui avviene e dal movente.
Un caso che coinvolge anche la sfera politica
Il caso ha assunto da subito una forte risonanza mediatica, anche per via della posizione istituzionale del padre di Leonardo, Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato. Il senatore ha più volte espresso pubblicamente solidarietà al figlio, parlando di “accuse infamanti” e confidando nel pieno proscioglimento.
L’archiviazione dell’accusa di violenza sessuale ha rappresentato un primo parziale sollievo per la famiglia La Russa, ma la nuova richiesta di processo tiene ancora viva l’attenzione giudiziaria e mediatica sul caso. La questione, infatti, tocca non solo aspetti penali, ma anche temi delicati di carattere etico e sociale, come il rispetto della privacy e l’uso improprio delle tecnologie per la condivisione di immagini personali.
Prossimi passi: udienza preliminare e possibile processo
Nei prossimi mesi sarà fissata l’udienza preliminare, durante la quale il giudice sarà chiamato a decidere se accogliere la richiesta della Procura e avviare formalmente il processo. Se il giudice riterrà fondata l’ipotesi accusatoria, Leonardo La Russa jr e Tommaso Gilardoni saranno rinviati a giudizio con l’accusa di diffusione illecita di materiale sessualmente esplicito.
L’eventuale apertura del processo potrebbe contribuire a riaccendere il dibattito pubblico sui temi della privacy digitale, del consenso nei rapporti intimi e della responsabilità personale nell’uso di immagini private. Si tratta di questioni sempre più centrali, soprattutto tra i giovani, in un’epoca in cui la condivisione di contenuti tramite smartphone e social network è diventata una pratica diffusa, ma non sempre consapevole.