Lo “curano” al telefono, paziente muore dopo aver chiamato la Guardia Medica.
Il decesso di un paziente dopo aver chiamato la Guardia Medica, che ha optato per una diagnosi via telefono anziché una visita, ha portato alla ribalta il caso trattato dalla Cassazione.
L’uomo, avvertendo sintomi gravi tra cui un forte dolore al petto con irradiazione alle braccia e alle dita, ha richiesto urgentemente assistenza medica.
Tuttavia, anziché recarsi sul luogo per una valutazione diretta, il medico consultato ha preferito emettere una diagnosi a distanza, identificando il problema come una gastroenterite. Purtroppo, le condizioni del paziente sono peggiorate fino al punto di provocarne il decesso.
La dottoressa coinvolta, residente a Bologna, è stata accusata di omicidio colposo e rifiuto di atti d’ufficio. La sua condotta è stata oggetto di scrutinio legale, portando alla sua assoluzione per il primo reato e alla conferma della condanna per il secondo.
La Cassazione ha ratificato la sentenza di primo grado, sostenendo che i medici con responsabilità pubblica hanno l’obbligo di garantire il miglior trattamento possibile vengono ai loro pazienti, specialmente quando segnalati sintomi gravi.
Nel caso specifico, la Guardia Medica ha limitato la sua risposta a consigli telefonici, una misura che i giudici hanno ritenuto insufficiente di fronte alle richieste di soccorso del paziente.
La condanna confermata a quattro mesi di reclusione, accompagnata da un’interdizione dall’esercizio della professione per lo stesso periodo, potrebbe avere ripercussioni significative sul comportamento dei medici di base e delle guardie mediche.