Il Movimento 5 Stelle continua a mostrarsi forte nelle rilevazioni demoscopiche, ma la distanza tra numeri dichiarati e voti reali non è mai stata così evidente. A smascherare questo scarto è il sondaggista Antonio Noto, che parla apertamente di un “bluff strutturale” del M5s: elettori che nei sondaggi dichiarano di votarli, ma che poi scelgono l’astensione quando arriva il momento delle urne. Un fenomeno confermato dagli ultimi appuntamenti elettorali in Puglia e Campania, dove il risultato del partito guidato da Giuseppe Conte è stato nettamente inferiore alle attese.
Nonostante il mantra dell’ex portavoce Rocco Casalino – «Contano i sondaggi, e i sondaggi ci danno al 14 per cento» – gli esperti mettono in guardia: le rilevazioni fotografano un momento, non il comportamento reale dell’elettorato. E il Movimento 5 Stelle è oggi il partito con la base più permeabile all’astensione.
La dinamica analizzata da Noto si intreccia con un elemento centrale: la delusione degli ex sostenitori, che pur continuando a sentirsi vicini al simbolo e alla leadership di Conte, non trovano motivazione sufficiente per recarsi ai seggi.
Sondaggi “gonfiati” dall’opinione, ma non dal voto
Secondo Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, il M5s dispone di un consenso basato soprattutto sul voto di opinione, una categoria che tende a pesare meno nelle elezioni locali. Per questo, afferma, “Casalino ha ragione quando parla di sondaggi, ma meno quando usa quei numeri per definire i rapporti di forza con il Pd”.
Il sistema delle preferenze rappresenta poi un ulteriore ostacolo. Gigliuto e Noto concordano: il Movimento è poco performante quando l’elettore deve esprimere un nome, come accade nelle regionali o nelle europee. Una debolezza strutturale che si riflette puntualmente nei risultati.
Il nodo dell’astensione: l’elettorato M5s si sfalda alle urne
Noto sottolinea che la discrepanza tra sondaggi e voti è legata al comportamento dei pentastellati delusi. “È come se mantenessero un legame sentimentale con il M5s”, spiega, “e quindi lo ‘votano’ quando rispondono ai sondaggi, ma non si presentano ai seggi quando la delusione supera la fedeltà politica”.
Il risultato è un bacino elettorale che appare consistente nei numeri dichiarati, ma che si dissolve nella pratica il giorno del voto. E secondo le rilevazioni sugli astenuti, una quota significativa proviene proprio dagli ex sostenitori di Conte.
Dopo le europee: sondaggio alto, voto basso
Un dato emblematico arriva dalle ultime elezioni europee: il M5s si è fermato al 9,9 per cento, ma già due settimane dopo le rilevazioni lo stimavano tra il 13 e il 14 per cento. Un apparente paradosso che Noto spiega così: nelle intenzioni di voto “il riferimento simbolico è alle politiche”, ambito in cui il Movimento riesce a mobilitare più consensi.
Una tesi condivisa anche da Giovanni Diamanti, cofondatore di YouTrend, secondo cui l’elettorato pentastellato “si mobilita alle politiche ma è il primo ad astenersi negli altri tipi di consultazione”. Il 2022 ne sarebbe la conferma: Conte crebbe significativamente nell’ultimo mese di campagna elettorale.
I limiti dei sondaggi e il vero problema del M5s
La riflessione dei sondaggisti converge su un punto: le rilevazioni restano uno strumento prezioso, ma devono essere interpretate con consapevolezza. Con un’affluenza sempre più bassa, la possibilità di distorsioni cresce, soprattutto per forze politiche con un elettorato emotivamente volatile.
Diamanti sottolinea che stabilire i rapporti di forza di una coalizione esclusivamente attraverso i sondaggi è rischioso: “Contano i voti reali, e l’incapacità del M5s di mobilitare il proprio elettorato non può essere attribuita ad altri partiti”.
Il Movimento si trova quindi davanti a una sfida complessa: trasformare il consenso dichiarato in partecipazione reale, recuperare fiducia tra gli elettori delusi e superare quella distanza tra percezione pubblica e risultati elettorali che i dati recenti rendono sempre più evidente.
Un partito popolare nei sondaggi, ma fragile nel voto
L’analisi di Noto e degli altri esperti descrive un M5s che gode ancora di una forte riconoscibilità nazionale, rafforzata dal marchio e dalla figura di Conte, ma che fatica a mantenere compatto il suo elettorato. La sfida dei prossimi mesi sarà capire se il Movimento saprà colmare questo divario o se resterà prigioniero di un consenso “virtuale” incapace di tradursi in voti effettivi.

















