La furia omicida e l’agonia di Martina
Martina Carbonaro non è morta subito. È questa la conclusione straziante a cui è giunta l’autopsia eseguita sul corpo della 14enne, uccisa il 26 maggio ad Afragola dall’ex fidanzato Alessio Tucci, 19 anni. Secondo quanto emerso dagli esami autoptici, la ragazza ha subito quattro colpi violenti alla testa, due sulla parte frontale e due nella zona occipitale del cranio. Uno di questi le ha provocato una vasta frattura con emorragia cerebrale, ma la morte non è stata immediata: Martina ha vissuto un’agonia, con sofferenze evidenti che si sono protratte per diversi minuti.
Le lesioni sul collo e i dubbi sul tentativo di strangolamento
Oltre ai traumi cranici, l’autopsia ha riscontrato segni evidenti di lesioni al collo. Gli inquirenti non escludono che Tucci abbia provato a strangolarla prima di colpirla con una pietra, anche se le ferite mortali sono risultate essere quelle alla testa. Le modalità dell’aggressione lasciano spazio a una sola lettura: si è trattato di una vera e propria esplosione di violenza, rabbiosa, pianificata solo in parte, ma portata a termine con una determinazione agghiacciante.
Una messinscena crudele: ha partecipato alle ricerche
Il dettaglio che rende il delitto ancora più disturbante è il comportamento di Alessio Tucci nelle ore successive all’omicidio.
Dopo aver nascosto il corpo di Martina sotto un cumulo di detriti in un casolare abbandonato, il 19enne ha partecipato attivamente alle ricerche della ragazza, fingendosi preoccupato e solidale con i genitori e gli amici della vittima. Ha persino accompagnato la madre di Martina alla caserma dei carabinieri per sporgere denuncia di scomparsa, mantenendo una maschera glaciale fino alla confessione avvenuta dopo il ritrovamento del cadavere.