sabato, Giugno 7

Martina Carbonaro, dopo la tragedia le parole vergognose contro i suoi genitori: “Colpa loro…”

Marcello ed Enza, affranti ma determinati, hanno deciso di sporgere denuncia recandosi alla caserma dei carabinieri. Un atto di coraggio, ma anche di necessità, in una situazione in cui il dolore privato è diventato bersaglio pubblico.

Il supporto delle istituzioni e la richiesta di giustizia

Nel medesimo giorno, la coppia è stata accolta dalle istituzioni locali e nazionali. Il prefetto di Napoli, Michele di Bari, ha voluto incontrare personalmente i genitori di Martina, offrendo parole di conforto in un momento così delicato. Il suo commento è stato semplice ma incisivo: “È un dolore che non si può spiegare. Il volto della madre parla più di mille discorsi”. Un’affermazione che ha commosso tutti i presenti e ha sottolineato quanto il dolore di Enza fosse visibile, anche se non espresso attraverso lacrime pubbliche.

Infatti, la stessa madre ha risposto alle accuse che la descrivevano come “fredda” o “distaccata”, spiegando con voce rotta dal dolore: “Scrivono che non ho pianto, ma io mi sono imposta di restare in piedi. Se crollavo io, crollava tutto”. Un commento che descrive perfettamente il peso che molte madri portano sulle spalle, soprattutto in circostanze drammatiche come queste.

Un lutto che unisce una comunità intera

Il dolore per la perdita di Martina non è rimasto confinato tra le mura domestiche. Anche la comunità scolastica si è stretta attorno alla memoria della giovane. Davanti all’istituto di Casoria che Martina frequentava, è stato organizzato un momento di raccoglimento molto toccante. Studenti, docenti, amici e cittadini comuni si sono riuniti per ricordarla, rendendo omaggio a una ragazza che sognava di diventare una chef stellata.

Durante la cerimonia, è stato letto un tema scritto da un suo amico, che ha commosso i presenti: “Credici quando diciamo che non siamo tutti uguali. Ci sono ragazzi che credono nell’amore. Quello vero”. Un messaggio forte, che ha voluto ribadire come, anche in un mondo in cui l’odio sembra prevalere, esistano ancora giovani che credono nei valori dell’amicizia, del rispetto e dell’amore.

Il ruolo dello Stato e la necessità di un cambiamento culturale

In città sono giunte anche importanti figure istituzionali, come la presidente della Commissione parlamentare sul femminicidio, Martina Semenzato, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di affrontare il problema non solo da un punto di vista repressivo, ma anche culturale.

Mantovano ha dichiarato che non è possibile prevenire ogni tragedia solo con le leggi: “Non tutto si può prevenire per decreto, ma la responsabilità è collettiva”. Parole che invitano alla riflessione profonda su cosa significhi vivere in una società dove il disagio, la violenza e l’emarginazione possono sfociare in tragedie come quella di Martina.

Più diretta è stata la Semenzato, che ha evidenziato la necessità di un vero e proprio cambiamento culturale: “Serve una torsione culturale forte. Ogni femminicidio è un dolore assoluto, ma quando coinvolge adolescenti e gesti di tale efferatezza, si capisce che c’è qualcosa di profondamente malato”.

Un appello al rispetto e alla memoria

Nella casa dei genitori di Martina, oggi non c’è spazio per l’odio. Nonostante le parole infamanti ricevute, l’atmosfera è quella del silenzio rotto soltanto dal dolore e dalla richiesta di verità. Marcello e Enza non chiedono vendetta, ma rispetto: rispetto per la memoria della loro figlia e per il loro dolore, che non dovrebbe mai essere oggetto di giudizio o ironia da tastiera.

Il desiderio della famiglia è che la storia di Martina non venga dimenticata né, peggio ancora, distorta da chi utilizza i social come arma per ferire. La loro battaglia, ora, non è solo per la giustizia, ma anche per difendere la dignità di una ragazza che amava cucinare e sognava in grande, e di una famiglia che, nonostante tutto, cerca ancora la forza per andare avanti.

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