Attivisti italiani bloccati in Israele: la situazione attuale
Un gruppo di attivisti italiani, parte della Flotilla che tentava di portare aiuti umanitari a Gaza, è attualmente bloccato in Israele. Le notizie diffuse dalla Farnesina indicano che, sebbene gli attivisti stiano bene, sono «provati» dalle condizioni di detenzione. In totale, sono 42 le persone che attendono di essere rimpatriate in Italia dopo aver trascorso giorni di tensione e due notti nelle carceri israeliane. Tra di loro si trovano anche alcuni giornalisti, che hanno ricevuto assistenza consolare dall’Ambasciata d’Italia a Tel Aviv.
Il rimpatrio dei cittadini italiani
Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha confermato che un primo gruppo di 26 cittadini italiani sta per lasciare Israele. «Un primo gruppo di 26 cittadini italiani che erano sulla Flottilla sta per lasciare Israele con un charter. Li abbiamo inseriti in un volo della Turkish per Istanbul. Sono già stati trasferiti nella base aerea di Ramon e partiranno dall’aeroporto di Eilat», ha dichiarato Tajani. Tuttavia, la situazione per gli altri 15 italiani è più complessa. Questi ultimi non hanno firmato il foglio di rilascio volontario e dovranno attendere l’espulsione attraverso una procedura giudiziaria, prevista per la prossima settimana.
Condizioni di detenzione e assistenza consolare
Il team consolare ha avuto la possibilità di incontrare tutti gli attivisti fermati. Sebbene le loro condizioni fisiche non destino preoccupazioni, è stato segnalato che la situazione all’interno del carcere è «particolarmente disagevole». Gli attivisti hanno trascorso un mese in mare e due giorni di intenso stress legato all’operazione militare israeliana che ha bloccato la Flotilla. Proprio per questo, Tajani ha dato mandato all’ambasciata di richiedere al ministero degli Esteri israeliano una verifica immediata e un miglioramento delle condizioni di detenzione.
Le reazioni politiche e le testimonianze degli attivisti
Un video diffuso sui social ha mostrato l’atteggiamento del ministro della Sicurezza israeliano, Itamar Ben-Gvir, nei confronti degli attivisti. Nel filmato, il politico, noto per le sue posizioni radicali, si rivolge ai fermati definendoli «terroristi» e invocando per loro una lunga carcerazione. Questo episodio ha suscitato forti reazioni da parte di osservatori internazionali e di esponenti politici italiani, che hanno chiesto chiarimenti su quanto accaduto durante le ore successive al fermo.
Il rientro dei parlamentari italiani
Nel frattempo, quattro parlamentari italiani che avevano partecipato alla missione sono già rientrati in Italia. Il senatore Marco Croatti, l’eurodeputata Annalisa Corrado, il deputato Arturo Scotto e l’eurodeputata Benedetta Scuderi sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino, accolti da diverse personalità politiche, tra cui il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. Benedetta Scuderi ha dichiarato: «Sto bene, siamo un po’ provati ma il nostro pensiero continua a essere a Gaza. Ci sono state delle violazioni e sono successe un sacco di cose».
Le testimonianze di maltrattamenti
Le esperienze degli attivisti non si limitano a un semplice racconto di detenzione. Alcuni di loro hanno denunciato maltrattamenti e violazioni dei diritti fondamentali. Alcuni raccontano di essere stati spogliati e trattenuti per ore senza spiegazioni, mentre altri hanno subito intimidazioni durante gli interrogatori. Queste testimonianze hanno alimentato un acceso dibattito politico in Italia, con richieste di chiarimento in Parlamento e appelli da parte di numerose associazioni umanitarie affinché venga fatta piena luce sull’operazione israeliana.
Prospettive future e diplomazia italiana
Il rientro dei 26 italiani rappresenta solo la prima fase del rimpatrio dei connazionali. Gli altri 15, che hanno scelto di non firmare il rilascio volontario, rimarranno ancora per alcuni giorni nelle carceri israeliane in attesa della procedura giudiziaria. La diplomazia italiana continua a lavorare su più fronti, cercando di garantire assistenza, rispetto dei diritti e tempi rapidi di espulsione. Tuttavia, dietro le rassicurazioni ufficiali, rimane il racconto di un’operazione che, per molti, simboleggia le tensioni persistenti attorno a chi cerca di portare aiuti nella Striscia di Gaza.