Il Partito Democratico torna a fare i conti con una profonda instabilità interna. Dopo settimane di polemiche sulla possibile modifica dello statuto per blindare la candidatura di Elly Schlein alle prossime primarie, una nuova frattura si è aperta attorno al ddl sull’antisemitismo, riaccendendo vecchie tensioni e mettendo la segretaria sotto pressione. La scelta dei senatori dem di presentare un testo autonomo rispetto alla proposta del centrodestra guidata da Maurizio Gasparri ha provocato un dibattito immediato e acceso tra le correnti del partito.
Il disegno di legge porta la firma del senatore Graziano Del Rio e di altri esponenti dell’ala minoritaria del Pd, tradizionalmente più distante dalla linea di Schlein. La comunicazione minimale usata per presentarlo al Senato il 20 novembre non è bastata a evitare attriti: al contrario, alcuni sostenitori della segretaria hanno interpretato l’iniziativa come una mossa politica capace di indebolire la leadership interna.
A complicare ulteriormente il quadro sono arrivate le reazioni esterne. Angelo Bonelli, leader di AVs, ha definito “sconcertanti” alcuni passaggi del ddl, aumentando la visibilità mediatica della frattura dem e alimentando il malcontento tra i vertici del partito.
La definizione IHRA e il nodo delle critiche a Israele
Uno dei punti più controversi del testo riguarda l’inclusione della definizione di antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Secondo tale definizione, anche critiche radicali nei confronti di Israele possono rientrare nella categoria dell’antisemitismo, un’impostazione che ha creato immediata perplessità tra molti parlamentari vicini a Schlein.
Questi esponenti, pur condannando ogni forma di antisemitismo, temono che l’adozione integrale della definizione IHRA possa limitare la libertà di espressione e scoraggiare posizioni di solidarietà verso il popolo palestinese, già al centro di un dibattito sensibile all’interno del partito.
Università e controllo dei contenuti digitali: l’articolo 4 che divide

Le polemiche interne si sono concentrate anche sull’articolo 4 del ddl, che introduce un monitoraggio delle azioni contro l’antisemitismo nelle università italiane. La norma prevede una figura di controllo per vigilare sulle attività accademiche e sanzionare contenuti considerati antisemiti diffusi sulle piattaforme digitali in lingua italiana.
Molti dem hanno giudicato questa parte del testo come un potenziale strumento di pressione ideologica sul mondo universitario, temendo ripercussioni sulla libertà accademica e sulle dinamiche interne agli atenei.
Fassino, Provenzano e la frattura politica sul ruolo di Israele
Lo scontro interno è esploso anche sul piano delle dichiarazioni pubbliche. Il deputato Piero Fassino ha definito Israele “una democrazia alla Knesset”, mentre il responsabile Esteri del Pd, Giuseppe Provenzano, si è immediatamente smarcato, sottolineando una distanza profonda sulle considerazioni relative al governo guidato da Benjamin Netanyahu.
A queste posizioni si sono aggiunte quelle della deputata Laura Boldrini e di altri membri della corrente “Compagno è il mondo”, che hanno descritto le politiche israeliane come una soppressione delle libertà e una forma di “pulizia etnica”. La loro presa di posizione ha reso ancora più evidente la difficoltà del Pd nel trovare una linea condivisa sul conflitto mediorientale.
La reazione di Schlein e il rischio di un partito ingovernabile
Fonti interne parlano di una Schlein irritata per la gestione del ddl e per il modo in cui la proposta ha scoperchiato ulteriori divisioni. La segretaria teme che un tema così sensibile possa trasformarsi in un boomerang politico, soprattutto in un periodo in cui i sondaggi mostrano un Pd stabile ma distante dalla performance del centrodestra.
Le tensioni, già alte, sono state alimentate anche da battute circolate tra i deputati. Un parlamentare dem ha commentato ironicamente: «E se alla fine fossimo noi del Pd a far saltare il ddl proposto dal Pd? Sarebbe il colmo». Una frase che racconta meglio di qualsiasi analisi il livello di frattura all’interno del partito.
Un dibattito destinato a pesare sulle scelte future
Il confronto sull’antisemitismo non si limita alla discussione di un testo legislativo: rappresenta un banco di prova decisivo per la coesione del Pd. Mentre la minoranza chiede una linea più netta e strutturata contro ogni forma di odio, la maggioranza guidata da Schlein insiste sulla necessità di distinguere tra antisemitismo e critica politica verso Israele.
La vicenda potrebbe avere implicazioni significative anche sul futuro della leadership del partito, chiamata a gestire una base elettorale sempre più frammentata e correnti interne che faticano a trovare un equilibrio. Il ddl Del Rio, nato per unificare la posizione democratica, ha finito per rappresentare l’ennesimo terreno di scontro in un partito che fatica a ritrovare compattezza.
















