Un funzionario del Pentagono ha precisato che l’attacco è avvenuto «in un’area fuori dal controllo diretto del presidente siriano», sottolineando come vaste porzioni del territorio restino esposte a infiltrazioni jihadiste.
Versioni contrastanti sull’attentatore
Non mancano però versioni contrastanti. Secondo alcuni media locali, l’uomo che ha aperto il fuoco potrebbe essere stato un membro delle forze di sicurezza siriane. Un funzionario di Damasco, citato dall’Afp a condizione di anonimato, ha parlato di colpi esplosi «durante un incontro tra ufficiali siriani e americani» all’interno di una base.
Poco dopo l’attacco, il ministero degli Interni siriano ha accusato la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti di aver ignorato precedenti avvertimenti sul rischio di infiltrazioni dell’Isis nella zona.
Medio Oriente sempre più instabile
L’agguato di Palmira si inserisce in un quadro regionale sempre più instabile. A Gaza, infatti, la tregua appare fragile: Israele ha colpito per la prima volta Gaza City nella zona controllata da Hamas oltre la linea del cessate il fuoco.
Obiettivo del raid sarebbe stato Raed Saad, considerato il numero due di Hamas dopo Izz al-Din Haddad. Nell’attacco sono morti anche altri tre palestinesi. Secondo le Forze di difesa israeliane, Saad stava lavorando alla ricostruzione delle capacità militari del gruppo.
Rischio escalation internazionale
Hamas ha definito l’operazione israeliana un tentativo di sabotare il cessate il fuoco, mentre secondo Axios Israele non avrebbe informato preventivamente gli Stati Uniti del raid.
Tra Siria, Gaza e l’ombra dello Stato Islamico, il Medio Oriente resta così sospeso su un equilibrio precario, mentre le parole di Trump fanno temere una nuova fase di scontro diretto.
















