martedì, Agosto 19

«Si sente in colpa»: lo psicologo spiega il crollo emotivo di Sinner dopo il ritiro

Lo stop improvviso di Jannik Sinner nella finale del Masters 1000 di Cincinnati contro Carlos Alcaraz non ha solo un impatto sportivo. Secondo Pietro Bussotti, psicologo dello sport e coordinatore dell’area di Psicologia dello sport dell’Ordine degli psicologi dell’Umbria, si tratta di «una botta forte» che può generare senso di colpa, impotenza e frustrazione, soprattutto alla luce delle aspettative altissime per l’ennesimo capitolo della sfida con lo spagnolo.

«Colpa, impotenza, frustrazione: la discrepanza tra attese e realtà»

Per Bussotti, le scuse pubbliche di Sinner subito dopo il malore mostrano quanto il campione «si sia sentito in colpa con sé stesso e con gli altri». L’ampio scarto tra l’obiettivo della vigilia e le condizioni fisiche reali alimenta quella sensazione di impotenza che colpisce chi ha costruito la propria identità sulla capacità di competere e vincere.

L’identità professionale e la paura di «non essere affidabile»

Il rischio psicologico, spiega l’esperto, è che scatti la paura di non essere affidabile “verso sé stessi e verso il pubblico”. Non è il ritiro in sé ad attaccare l’identità professionale, quanto il doverlo riconoscere e comunicarlo, come accaduto con il «non riesco a muovermi» pronunciato in campo.

Dal rifiuto all’accettazione: un «sollievo umanissimo»

Bussotti osserva che Sinner, pur debilitato, ha provato a scendere in campo per senso del dovere e pressione interna. Il momento della resa può avere portato anche un «sollievo umanissimo»: accettare di fermarsi quando non si riesce più a farcela.

Il pensiero che torna: «E se ricapitasse?»

Dopo uno stop così, è plausibile – continua lo psicologo – che prevalga il timore che episodi analoghi possano ripetersi. Riconoscerlo, normalizzarlo e lavorarci con il team è parte del percorso di resilienza dell’atleta d’élite.

L’abbraccio di Alcaraz e la forza della comunità sportiva

Il gesto di Alcaraz che corre verso Sinner per consolarlo «rafforza il senso di appartenenza a una comunità sportiva che ha tra i valori la resilienza»: un segnale importante per rielaborare l’accaduto e ripartire con strumenti mentali ancora più solidi.

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