Il silenzio che oggi avvolge i campi di calcio della provincia non è quello che precede una partita importante. È un silenzio diverso, più pesante, che parla di assenze definitive e di storie che si interrompono. Negli spogliatoi, dove per decenni si sono incrociate voci, risate e tensioni prima del fischio d’inizio, resta un vuoto difficile da colmare.
Il calcio piemontese piange la scomparsa di Fiorito Frezzato, morto all’età di 77 anni. Non un semplice addetto ai lavori, ma una figura centrale della vita sportiva di intere generazioni di calciatori, dirigenti e allenatori. Un uomo che per molti era semplicemente “uno di noi”.
Una perdita che va oltre il campo
La notizia della sua morte ha colpito duramente chiunque abbia frequentato i campi della provincia di Alessandria e non solo. Perché Fiorito Frezzato non era soltanto un massaggiatore, ma un punto di riferimento umano, capace di leggere negli occhi degli atleti prima ancora che nei muscoli affaticati.
Conosceva il dolore fisico, certo, ma sapeva soprattutto riconoscere quello mentale. Nei momenti difficili era lui a fare da collante nello spogliatoio, a stemperare le tensioni, a ridare fiducia a chi scendeva in campo con più dubbi che certezze.
Una carriera costruita sulla passione
Nato nel 1948, Fiorito Frezzato ha attraversato decenni di calcio vissuto con la stessa dedizione del primo giorno. Il suo percorso professionale è iniziato in realtà storiche del territorio come il Quattordio, dove ha costruito le basi di una reputazione fondata su competenza, serietà e umanità.
Da lì il passaggio al Felizzano, altra tappa fondamentale di un cammino che lo ha reso una figura sempre più rispettata. In un’epoca in cui il ruolo del massaggiatore era centrale nella quotidianità di una squadra, Frezzato incarnava alla perfezione quella funzione silenziosa ma indispensabile.
L’esperienza in Serie A e il ritorno a casa
La qualità del suo lavoro non è passata inosservata. Per diversi anni Fiorito Frezzato ha fatto parte dello staff del Torino, vivendo da vicino il mondo della Serie A e confrontandosi con il calcio di alto livello. Un’esperienza che ha arricchito il suo bagaglio professionale senza mai allontanarlo dalle sue radici.


















