Per la prima volta dall’inizio delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi emergono le intercettazioni integrali delle telefonate tra Alberto Stasi, suo padre Nicola e un amico. I nastri, registrati nei giorni successivi al delitto del 13 agosto 2007, sono stati mostrati ieri sera da Quarta Repubblica, restituendo un quadro emotivo finora sconosciuto della famiglia Stasi in quelle ore drammatiche.
Dialoghi concitati, pieni di paura, confusione e un senso di inevitabile accerchiamento. Conversazioni che assumono un peso completamente diverso oggi, alla luce della nuova indagine a carico di Andrea Sempio e della perizia sul Dna che ha riaperto il dibattito sul caso Garlasco.
“Io sono innocente”: la telefonata più forte
INTERCETTAZIONI ESCLUSIVE DI STASI!
Da notare l’abissale differenza tra questi audio dove Alberto si professa innocente ed il padre si dispera ma allo stesso tempo gli infonda fiducia e dall’altra invece…
Nicola, vedrai, avrai anche tu la tua rivincita da lassù.
#Garlasco pic.twitter.com/7OssoUAEGp— Xian (@DG_Xian) December 8, 2025
Nel primo colloquio diffuso, si sente chiaramente Alberto Stasi ripetere al padre di essere «innocente», mentre entrambi cercano disperatamente spiragli nelle indagini in corso. Nicola Stasi parla apertamente di un rischio enorme:
«La nostra speranza è che trovino subito qualcosa in questa indagine, tutti questi reperti che hanno lì a Parma, sennò è la nostra rovina. Lui in un modo, noi nell’altro, dobbiamo sollevarci».
Alberto sembra consapevole della propria posizione fragile: niente alibi («ero a casa da solo»), nessun testimone, e l’aver trovato lui stesso il corpo della fidanzata. Lo si sente dire:
«Se non trovano niente vado a processo… ma io sono innocente».
Un padre che tenta di rassicurare, ma teme il peggio
Nicola Stasi prova a tranquillizzarlo, pur lasciando trapelare angoscia e rassegnazione. Ricorda che le analisi dei reperti potrebbero ancora cambiare tutto, e ribadisce più volte la propria convinzione:
«Non hanno finito le indagini. Ci vuole tempo. Poi se c’è da difendersi, da spendere… lo faremo. Ma sei innocente».
La telefonata si chiude con un mix di speranza e disperazione, con un padre che, pur credendo nel figlio, teme la macchina giudiziaria:
«Faremo fatica a dimostrarlo, porca putt***, ma non hai fatto niente. È da dimostrare… se non c’è un alibi, è così».
La seconda intercettazione: il mistero dell’allarme
Il secondo nastro riguarda una conversazione tra Stasi e un amico. Tema centrale: il sistema d’allarme della casa, sequestrato dagli investigatori. Se avesse avuto una memoria interna, avrebbe potuto registrare entrate e uscite, fornendo un possibile alibi.
«Noi lo avevamo cercato subito… abbiamo chiesto a quello che l’ha montato se c’era una scheda di memoria. Ma non c’è». Un dettaglio tecnico che oggi suona quasi beffardo. L’impianto era troppo vecchio per registrare dati utili:
«Senno a questo punto ero già a posto. Io l’ho messo quando sono tornato a casa e l’ho tolto verso mezzogiorno… a me non è suonato. A meno che non mi calo dal camino…».
Intercettazioni che cambiano prospettiva
I due nastri mostrano un Alberto Stasi spaventato, disorientato, convinto che tutto stia giocando contro di lui. E mostrano un padre che tenta di sostenere il figlio, riconoscendo però che senza un alibi sarà difficilissimo evitare il processo.
Oggi quelle parole tornano alla luce mentre gli inquirenti attendono nuove risposte dal DNA sotto le unghie di Chiara Poggi e dall’analisi del profilo genetico indicato come «Ignoto 2». Intercettazioni che non riscrivono la storia giudiziaria, ma aggiungono un tassello emotivo e umano a un caso che, dopo 17 anni, continua a dividere.












