La polemica sui “luttogrammi”
Ogni volta che muore un personaggio noto, i social vengono invasi da post commemorativi, ricordi improvvisati e dichiarazioni altisonanti. Un fenomeno che un lettore, in una lettera pubblicata su La stanza di Feltri, definisce con un neologismo: luttogramma. Si tratta, scrive, di un cordoglio performativo che più che omaggiare il defunto serve a chi scrive per posizionarsi nella vetrina del dolore condiviso.
La risposta di Feltri
Vittorio Feltri
fa sua la definizione e rincara la dose: «Siamo nell’epoca del lutto instagrammato, il cordoglio trasformato in passerella. Non è mai il defunto il protagonista, ma chi scrive. Un esercito di necro-narcisisti pronti a sfruttare la morte altrui per guadagnare un quarto d’ora di visibilità».
Il caso Armani
Feltri cita come esempio il caso di Giorgio Armani. Lo stilista, da sempre riservato e schivo, è stato celebrato da una pioggia di post e articoli che, secondo il giornalista, hanno finito per oscurare la sobrietà che aveva contraddistinto la sua vita: «Proprio lui, che avrebbe odiato la pornografia del dolore, è stato sepolto da tonnellate di post autocelebrativi. Anche da chi non lo aveva mai conosciuto davvero».
Il ricordo personale
Feltri ricorda un aneddoto personale: «Con Armani ci eravamo conosciuti tanti anni fa, entrambi partiti come vetrinisti. Una volta mi disse: “Vittorio, sei l’uomo più elegante d’Italia”. E io ridevo». Ma, aggiunge, non si sognerebbe mai di scrivere pagine di ricordi per ingrassare il proprio ego: «Il rispetto non si misura in parole, ma nel silenzio».
La critica finale
Per Feltri, viviamo in un «paese di pavoni e profeti del nulla», dove il dolore diventa contenuto social e si fa carriera anche sui necrologi altrui. «Un po’ di decenza gioverebbe a tutti – conclude – perché il dolore vero non si mostra, si porta».