giovedì, Agosto 28

Bruciare il tesoro di Putin per metterlo in ginocchio: la nuova strategia di Kiev

Secondo un’analisi diffusa da Reuters, la capacità di trasformare il greggio in benzina e gasolio è crollata del 17%. Questo calo arriva in un momento critico, durante il quale la domanda interna è al massimo: i viaggi estivi, la raccolta agricola e la preparazione per la stagione invernale hanno fatto esplodere i consumi, aggravando ulteriormente la situazione.

Droni sempre più potenti e precisi

Il successo di questa strategia è legato ai progressi tecnologici compiuti da Kiev nella produzione e nell’impiego dei droni. I nuovi modelli, dotati di motori più potenti e sistemi di guida avanzati, sono in grado di percorrere fino a 1.000 chilometri e colpire con precisione chirurgica punti nevralgici degli impianti energetici.

Un tempo i danni alle raffinerie potevano essere riparati in una decina di giorni. Oggi, invece, le riparazioni richiedono anche due mesi, a causa dell’entità delle distruzioni. Le immagini satellitari mostrano scenari drammatici: le raffinerie di Ryazan, Novokuibyshevsk e Saratov, che da sole producono circa il 14% del carburante russo, risultano gravemente compromesse. Nel frattempo l’impianto di Novoshankhtinsk continua a bruciare da giorni senza che i tecnici riescano a riportarlo sotto controllo.

Le contromisure del Cremlino

Il governo russo ha cercato di correre ai ripari imponendo il divieto temporaneo di esportare benzina e gasolio fino a settembre. Questo blocco riguarda circa 50-60mila tonnellate di carburante alla settimana. Tuttavia, la misura non è sufficiente a compensare le perdite subite e rischia di avere un impatto anche sul piano diplomatico: se Mosca decidesse di estendere il divieto anche verso i Paesi alleati, i rapporti con partner strategici come la Bielorussia o alcuni Stati dell’Asia centrale potrebbero incrinarsi.

A preoccupare il Cremlino non sono soltanto i danni interni. Kiev ha infatti iniziato a colpire anche le infrastrutture energetiche destinate all’esportazione, riducendo così le entrate in valuta estera. Particolarmente grave è stato l’attacco all’impianto di liquefazione di Ust-Luga, sul Baltico, con una capacità produttiva annua di 20 milioni di tonnellate. La distruzione della torre criogenica centrale ha compromesso l’attività dell’impianto per un periodo indefinito. Allo stesso tempo, depositi e magazzini in Crimea sono stati presi di mira, rallentando i rifornimenti diretti al fronte.

La guerra tecnologica tra difese e contromisure

Mosca ha tentato di contrastare gli attacchi spegnendo le antenne della telefonia mobile nelle città industriali, con l’obiettivo di “accecare” i droni ucraini. Tuttavia, molti dei nuovi modelli sviluppati da Kiev si basano su sistemi di navigazione dotati di intelligenza artificiale, che non dipendono dalle reti di comunicazione e risultano quindi immuni a questo tipo di contromisura

Sul piano militare, le difese sono state rafforzate con l’impiego di elicotteri da combattimento come gli Hind e gli Alligator. Ma anche in questo caso l’Ucraina sembra avere un vantaggio: i test dei nuovi missili cruise Flamingo e Super-Neptune, con testate tre volte più potenti dei droni, dimostrano che Kiev è pronta a portare il conflitto su un livello ancora più alto.

Rischio escalation e minacce economiche

Il rischio di escalation è concreto. Putin potrebbe rispondere con rappresaglie massicce utilizzando i missili Oreshnik, ma deve muoversi con cautela. La Russia, infatti, non combatte soltanto sul campo militare ma anche su quello economico e diplomatico.

Un esempio è la pressione che l’amministrazione Trump – tornata a giocare un ruolo centrale nei negoziati – sta esercitando sull’India. Washington ha minacciato l’introduzione di dazi pesanti se Nuova Delhi non interromperà l’acquisto di greggio russo. Si tratta di una questione cruciale: solo nel 2023 le esportazioni di petrolio verso l’India hanno garantito a Mosca ricavi per circa 90 miliardi di dollari, una cifra che rappresenta una linfa vitale per sostenere la macchina bellica del Cremlino.

Se questa fonte di introiti venisse compromessa, la Russia si troverebbe ad affrontare una crisi economica senza precedenti, con inevitabili ripercussioni sulla capacità di finanziare la guerra.

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