domenica, Agosto 24

Garlasco, spunta un Dna femminile mai analizzato: il dettaglio rimasto nascosto dal 2007

Un dettaglio rimasto nel cassetto per 18 anni

Un nuovo tassello rischia di riscrivere la storia del delitto di Garlasco. Tra le migliaia di pagine dell’inchiesta è riemersa la presenza di un Dna femminile mai analizzato fino in fondo, trovato nei punti chiave della scena del crimine dove il 13 agosto 2007 venne uccisa Chiara Poggi. Non appartiene alla vittima, eppure era impresso sulla porta della cantina, sul rubinetto del bagno e sulla maniglia d’ingresso della villetta di via Pascoli. Un dettaglio rimasto nell’ombra, che oggi getta nuove ombre sul caso.

I rilievi del Ris e le tracce dimenticate

Le tracce furono repertate dal Ris di Parma, allora guidato dal generale Luciano Garofano. Nella relazione biodattilo del 2007, a pagina 145, veniva chiaramente indicato che quei profili genetici non corrispondevano a Chiara. Si trattava di reperti catalogati come “maniglia porta a soffietto”, “leva miscelatore bagno” e “maniglia porta d’ingresso”. Tuttavia, la caratterizzazione genetica non portò a un’identificazione certa: il profilo era considerato insufficiente per una compatibilità diretta. Nonostante questo, avrebbe potuto essere usato per un confronto di esclusione con i campioni salivari raccolti all’epoca da tutte le donne vicine alla famiglia Poggi. Ma ciò non avvenne mai.

Un’occasione persa per l’inchiesta

La presenza di quel materiale biologico avrebbe meritato ulteriori approfondimenti, soprattutto perché rinvenuto in punti strategici della scena del delitto. Sulla porta a soffietto della cantina, dove il corpo senza vita di Chiara venne ritrovato, i rilievi evidenziarono non solo impronte non attribuite, ma anche quel Dna femminile rimasto senza identità. Sul lavabo del bagno, smontato pezzo per pezzo per cercare tracce di sangue, nessun confronto genetico venne effettuato, così come sulla porta d’ingresso.

Le ombre sull’accusa contro Stasi

Il focus investigativo rimase puntato quasi esclusivamente su Alberto Stasi, condannato come unico colpevole. Eppure, quel Dna femminile, insieme ad altre impronte rimaste senza paternità, avrebbe potuto rafforzare l’ipotesi della presenza di più persone sulla scena. Secondo l’accusa, Stasi avrebbe chiuso la porta dietro di sé dopo l’omicidio, ma proprio sulla maniglia interna fu rilevata una traccia femminile mai indagata. Un elemento che alimenta i dubbi su una verità processuale che potrebbe non coincidere con la verità storica.

Il mistero ancora aperto

A distanza di 18 anni, il caso Garlasco continua a sollevare domande senza risposta. Chi era la donna a cui apparteneva quel Dna? Perché non furono fatti i confronti necessari? E soprattutto, quante verità restano ancora sepolte tra le pieghe delle carte processuali? L’ombra di un possibile concorso di più persone nell’omicidio resta, e con essa il sospetto che la giustizia abbia lasciato indietro dettagli fondamentali. Forse, la chiave per comprendere davvero cosa accadde quel 13 agosto 2007 è ancora lì, nascosta in un referto ignorato troppo a lungo.

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