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Processo per stupro di gruppo, Ciro Grillo e suoi 3 amici condannati: pene tra 6 e 8 anni

Tempio Pausania, 22 settembre 2025

– Dopo tre ore di camera di consiglio, il Tribunale di Tempio Pausania ha emesso la sentenza di primo grado nel processo per violenza sessuale di gruppo che vedeva imputati Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, e tre suoi amici.

Le condanne

Il collegio presieduto da Marco Contu ha inflitto 8 anni di reclusione a Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria. A Francesco Corsiglia, invece, 6 anni e 6 mesi. Per i primi tre è stata inoltre stabilita una provvisionale di 10mila euro da versare alle parti civili, per Corsiglia 5mila euro.

I fatti contestati

I quattro sono accusati di aver abusato di due ragazze nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 nella villa della famiglia Grillo a Porto Cervo, in Costa Smeralda. L’accusa, sostenuta dal procuratore Gregorio Capasso, aveva chiesto 9 anni di reclusione per tutti, definendo gli imputati «inattendibili» per le versioni cambiate nel corso delle indagini.

Assenti imputati e vittima

Né i quattro giovani né la studentessa italo-norvegese che ha denunciato lo stupro erano presenti in aula. L’avvocata Giulia Bongiorno, che assiste la ragazza, ha spiegato:

«L’ho vivamente sconsigliata, ma è come se fosse qui».

Alla lettura della sentenza, la giovane è scoppiata in lacrime di gioia, come raccontato dalla legale:

«Piangeva e mi ringraziava».

La difesa e le reazioni

Gli avvocati degli imputati avevano chiesto l’assoluzione piena, sostenendo che il rapporto fosse consensuale e la presunta vittima non credibile. Dopo la sentenza, il legale di Ciro Grillo ha commentato:

«Siamo molto delusi. Aspettiamo le motivazioni e proporremo appello».

Opposta la soddisfazione di Giulia Bongiorno:

«Questa sentenza non segna la fine della sofferenza della mia assistita, ma le dà significato. È un verdetto importante per tutte le donne: dimostra che chi denuncia può avere giustizia». “Nonostante le prove fossero poderose – dai video agli esami tossicologici sul ‘beverone’ di vodka – non ci si abitua mai ad attendere una sentenza. Ha un forte valore per tutte noi. In processi come questo, si fanno migliaia di domande: se rispondi ‘non ricordo’, ti accusano di mentire. Si teme di non essere credute, ma noi avevamo una certezza: la verità della vittima. All’inizio ero indecisa se accettare: sembrava un caso senza evoluzioni. Ma dopo aver visto la mia assistita – distrutta, etichettata come ‘mezza pazza’ da un lato e ‘assetata di s***o’ dall’altro – ho capito che dovevamo esserci. Abbiamo lavorato in salita, contro un clima tossico”.

Un processo lungo e complesso

Il procedimento è durato oltre tre anni, tra rinvii e polemiche. A inizio settembre l’udienza era stata rinviata per il lutto che aveva colpito il presidente del collegio giudicante. Ora la sentenza di primo grado rappresenta un passaggio cruciale, in attesa dei prossimi gradi di giudizio.

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