Dietro l’immagine pubblica del maestro Peppe Vessicchio, impeccabile sul podio e simbolo rassicurante del Festival di Sanremo, c’era un uomo che ha sempre protetto con cura la parte più fragile e autentica di sé: la famiglia. Un nucleo che non amava esibire, che non portava in tv, che non trasformava in spettacolo. La considerava una musica segreta, quella che non si dirige con la bacchetta ma con la gratitudine.

Nel momento più difficile, quello dell’addio, come riporta The social Post, accanto a lui c’erano le persone che avevano camminato al suo fianco per tutta la vita: la moglie Enrica, la figlia Alessia, le nipoti e perfino le bisnipoti. Un cerchio affettivo silenzioso, compatto, fatto di sguardi più che di parole. Una “famiglia al femminile”, come amava definirla con un sorriso timido e pieno.
La storia d’amore con Enrica: una complicità lontana dai riflettori

La relazione con Enrica aveva il passo delle cose solide e lente. Si erano conosciuti negli anni Settanta, attraversando insieme viaggi, sacrifici, palchi, attese e trionfi. Lei, donna di cultura e scrittura, aveva scelto di restare un passo indietro, lontana dalla mondanità. La loro casa era fatta di libri, musica e complicità che non aveva bisogno di essere spiegata.
Per Vessicchio quella era la sua vera orchestra: l’affetto costante, la crescita di una figlia diventata madre, e poi nonna, mentre lui continuava a far vibrare le platee.
Non era un uomo da confessioni pubbliche. Parlava spesso di armonia, ma raramente raccontava la propria. Eppure chi lo conosceva sapeva che dietro quello sguardo mite c’era l’orgoglio di aver costruito una famiglia forte, gentile, sobria nei modi e intransigente nei valori.
Le donne della sua vita non erano il contorno di un protagonista: erano la sua orchestra domestica, presente nei giorni di gloria e in quelli più grigi.
Nel reparto dell’ospedale romano dove si è spento, non c’erano telecamere, flash o dichiarazioni pubbliche. Solo mani intrecciate, frasi sussurrate, presenza. La famiglia ha chiesto riserbo, l’unico modo possibile per salutare un uomo che ha sempre vissuto la sua intimità con pudore.
Niente funerali spettacolari, niente applausi. Questa volta la musica si è fermata in silenzio.
L’eredità più preziosa
Oggi l’Italia ricorda il direttore d’orchestra, il volto pop del Festival di Sanremo, la figura gentile della bacchetta. Ma quello che resta davvero sono le scene domestiche: le cene lente, le stanze piene di spartiti mai registrati, le risate delle nipoti, la carezza ai capelli di una bisnipote, la complicità con Enrica.
È questa la partitura più autentica che lascia in eredità: la gentilezza come scelta, il talento come dono, l’amore come radice. L’uomo che emozionava il pubblico continuerà a dirigere altrove, ma la sua orchestra più perfetta resterà quella che non ha mai avuto bisogno delle luci.


















