«Come è possibile che una struttura pubblica finanziata con fondi europei fosse in quelle condizioni?». E aggiunge: «Ci attendiamo parole chiare e assunzioni di responsabilità. Quei fondi dovevano servire per costruire, proteggere, non per permettere una tragedia simile».
L’appello alla premier Giorgia Meloni arriva mentre lo Stato è chiamato a dimostrare che i miliardi del Pnrr sono stati investiti con serietà, trasparenza e rigore. La morte di una minorenne in un’area del genere, denuncia la famiglia, è il simbolo di un fallimento sistemico.
Il consulente: “Una scena del crimine evitabile”
Paolo Sibilia
, architetto e consulente tecnico nominato dalla famiglia Carbonaro, ha effettuato una dettagliata perizia sul luogo dell’omicidio. La sua ricostruzione è agghiacciante: «Quello spazio era parte integrante di un complesso sportivo in fase di riqualificazione con fondi Pnrr. Ma era completamente accessibile, senza alcuna protezione». Secondo il tecnico, che ha formalmente richiesto documenti e chiarimenti all’Ufficio Pnrr competente, «nessuna risposta è mai arrivata».
«Se l’omicidio era premeditato — spiega Sibilia — quell’ambiente ha rappresentato la condizione perfetta per agire indisturbati. Se invece è stato un gesto impulsivo, il cantiere ha comunque fornito lo scenario ideale per compiere un delitto senza essere visti, con mezzi e strumenti già lì disponibili». In ogni caso, continua il consulente, la colpa è anche di chi non ha vigilato.
Un dolore che non si spegne: “Martina non può essere morta invano”
Oggi la famiglia Carbonaro chiede verità e giustizia, ma soprattutto che la morte della figlia non sia solo una statistica da dimenticare. Vogliono risposte dalle istituzioni, e pretendono che episodi simili non si ripetano. «Martina era una bambina piena di sogni. Lo Stato dov’è stato?».
Una domanda che pesa come una pietra, più delle carte bollate, più dei comunicati. Una domanda che oggi risuona in un’Italia che ha il dovere di ascoltare.