“Per una soluzione definitiva, giusta e globale, bisogna affrontare le cause profonde della crisi”
, ha detto Putin, accusando Kiev di voler alimentare l’escalation militare invece di cercare compromessi diplomatici.
Scambi umanitari e questione bambini: il messaggio russo
Nel tentativo di rafforzare la propria immagine sul piano umanitario, Putin ha aggiornato il Papa sugli sviluppi nei colloqui di Istanbul, in particolare sullo scambio di prigionieri di guerra e sul ricongiungimento dei bambini con i genitori. Il Cremlino ha parlato di “tutte le misure possibili per favorire la restituzione dei caduti e proteggere i minori”.
Una mossa che appare come un tentativo di bilanciare le crescenti pressioni internazionali e dimostrare un presunto impegno umanitario da parte di Mosca, pur in un contesto segnato dall’intensificazione delle operazioni belliche.
Il ruolo delicato del Vaticano: tra pace e rischio strumentalizzazione
Il colloquio evidenzia ancora una volta l’ambizione del Vaticano di giocare un ruolo da mediatore neutrale nei conflitti internazionali. Ma se da una parte Papa Leone XIV sembra voler tenere aperto un canale di dialogo, dall’altra il rischio di essere strumentalizzato dal Cremlino è concreto.
Putin, infatti, invoca una partecipazione vaticana “su basi depoliticizzate”, ma al contempo usa la conversazione per rafforzare la sua narrativa bellica e attribuire a Kiev la responsabilità dell’escalation. Una strategia comunicativa che cerca di legittimare l’operato di Mosca e di screditare gli sforzi ucraini di difesa nazionale.
Il pontefice è ora chiamato a una prova diplomatica complessa: promuovere la pace senza prestarsi alla propaganda. Un compito che, storicamente, la Santa Sede ha cercato di assolvere con discrezione ma anche con cautela, consapevole del proprio limite di influenza diretta nei contesti militari.