Dal fronte politico, le opposizioni hanno rilanciato le critiche. Arturo Scotto, esponente del Partito Democratico, ha accusato il governo di voler presentare come un vantaggio ciò che in realtà comporta una rinuncia per i lavoratori, ribadendo che il Tfr è a tutti gli effetti denaro guadagnato e accantonato. Il Movimento 5 Stelle ha parlato apertamente di “doppia penalizzazione”: da un lato, la perdita della liquidazione; dall’altro, l’obbligo di vedersi calcolare la pensione solo con il metodo contributivo, con il rischio di un assegno meno favorevole. Anche l’Alleanza Verdi-Sinistra si è schierata contro, creando un fronte comune di opposizione.
Le certezze già definite: stop all’aumento automatico dell’età pensionabile
Mentre la proposta sul Tfr divide e accende il dibattito, alcune misure della riforma sembrano avere contorni più chiari. Un punto praticamente certo riguarda la sospensione dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile previsto per il 2027.
In base alle norme attuali, l’età pensionabile dovrebbe crescere in linea con l’aumento della speranza di vita. Ma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha più volte ribadito che questo meccanismo verrà bloccato. Di conseguenza, l’età per la pensione di vecchiaia resterà fissata a 67 anni, mentre quella per la pensione anticipata rimarrà a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Questa scelta, se confermata, richiederà una copertura di circa un miliardo di euro, a dimostrazione del peso economico di ogni modifica al sistema previdenziale.
Altri strumenti in discussione: bonus Giorgetti, Quota 103 e Opzione Donna
Accanto allo stop all’aumento dell’età, un’altra misura destinata quasi certamente a rimanere è il cosiddetto bonus Giorgetti. Si tratta di un incentivo rivolto ai lavoratori che, pur avendo già maturato i requisiti per la pensione anticipata, decidono di restare in attività. A questi lavoratori viene riconosciuto in busta paga il 9,19% dei contributi INPS a loro carico, una somma esentasse che aumenta lo stipendio netto.
Diverso il destino per altre formule, come Quota 103 – che permette l’uscita con 62 anni di età e 41 di contributi – giudicata poco efficace e scarsamente utilizzata. Anche Opzione Donna, pensata per favorire l’anticipo pensionistico femminile, potrebbe subire una revisione, visto lo scarso successo delle ultime edizioni.
Un equilibrio delicato tra sostenibilità e diritti
La riforma delle pensioni, come sempre in Italia, si presenta come un cantiere complesso e pieno di incognite. La proposta di Durigon sul Tfr ha il merito di allargare il campo del dibattito e di cercare nuove strade per garantire maggiore flessibilità in uscita. Tuttavia, il rischio è quello di scaricare parte del costo della riforma sui lavoratori stessi, privandoli di un diritto consolidato come la liquidazione.
Il percorso sarà lungo e ogni misura dovrà essere attentamente valutata dalla Ragioneria dello Stato, che ha il compito di garantire la sostenibilità finanziaria delle riforme. In gioco non c’è solo la tenuta dei conti pubblici, ma anche l’equilibrio tra il diritto dei lavoratori a un’uscita dignitosa e la necessità di preservare le future generazioni da un sistema previdenziale insostenibile.