Nel racconto emerge un quadro di isolamento totale:
- vive di nuovo nella cameretta di quando era ragazzo,
- evita di uscire perché i giornalisti sostano tutto il giorno davanti casa,
- viene filmato o chiamato per nome perfino al supermercato,
- ha interrotto i rapporti con molti amici per evitare sospetti o ricadute mediatiche.
“La mia non è vita. È come essere ai domiciliari.”
L’assedio mediatico: giornalisti, curiosi e sospetti ovunque
Sempio racconta di non poter frequentare nemmeno luoghi comuni come il centro di Pavia senza essere additato, ripreso o affrontato da sconosciuti. La pressione non riguarda solo lui: anche i genitori vivono nella paura.
“In auto, prima di parlare, ci chiediamo se quello che diciamo potrebbe essere frainteso o finire su un giornale.”
Una paranoia che ormai è cronica
Uno dei passaggi più inquietanti dell’intervista riguarda la sensazione costante di essere intercettato. È una percezione che — reale o meno — condiziona ogni gesto e parola.
“Si soppesa ogni frase. Si ha la paranoia perenne che qualcuno ascolti e capisca male.”
“Perché non si trasferisce?”
Vespa prova a suggerire un’uscita possibile: cambiare città. Ma la risposta è rivelatrice della spirale psicologica in cui l’indagato sembra intrappolato:
“Potrei. Ma poi se vado altrove parte il sospetto: perché sei andato lì?”
Un ragionamento che mostra quanto il caso Garlasco, a distanza di quasi due decenni, abbia consumato completamente la vita sociale, emotiva e lavorativa di chi si è trovato — anche solo marginalmente — nel raggio dell’indagine.
L’apparizione di Sempio da Vespa non offre nuovi elementi giudiziari, ma restituisce una fotografia nitida: quella di un uomo che vive sospeso, schiacciato tra il peso mediatico e l’attesa del prossimo step procedurale, l’incidente probatorio sul DNA.
Un appuntamento che, per la Procura e per la difesa, rappresenta un passaggio chiave per capire se ci siano davvero elementi per riaprire il caso più discusso d’Italia.














