martedì, Ottobre 7

Yara Gambirasio, il caso Bossetti: Taormina spiazza tutti in diretta

La giovane ginnasta di Brembate di Sopra, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita tre mesi dopo a Chignolo d’Isola, è al centro di una delle vicende giudiziarie più note della cronaca italiana. Massimo Bossetti, muratore bergamasco, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo come responsabile dell’omicidio. Ma intorno alla sua condanna restano aperti molti interrogativi.

La posizione di Bossetti

Nonostante tre gradi di giudizio abbiano confermato la sua colpevolezza, Bossetti continua a proclamare la propria innocenza. Dal carcere scrive lettere e lancia appelli, ribadendo di non essere il killer di Yara. Al centro della sua battaglia legale c’è la richiesta di revisione del processo, sostenuta con determinazione dai suoi avvocati.

Il ruolo dei legali e la battaglia per i reperti

L’avvocato Claudio Salvagni, storico difensore di Bossetti, denuncia da tempo le difficoltà incontrate nell’ottenere accesso completo ai reperti originali del caso. Solo recentemente la difesa ha potuto visionare immagini in alta risoluzione degli indumenti di Yara, come slip e leggings, sui quali furono rilevate tracce biologiche. Secondo Salvagni, questo ostacolo rappresenta una violazione del diritto alla difesa e un nodo cruciale per una possibile revisione.

Il punto centrale: il DNA

La condanna di Bossetti si fonda principalmente sull’analisi genetica che ha individuato il cosiddetto profilo “Ignoto 1”, coincidente con il suo DNA. Ma i difensori contestano l’affidabilità di quell’analisi. Secondo loro, il DNA non può essere considerato un elemento assoluto e infallibile, soprattutto in assenza di altri indizi come arma del delitto, movente o testimonianze dirette. Per la difesa, una condanna basata solo su un dato scientifico sarebbe un precedente pericoloso.

I dubbi sulle indagini e le piste alternative

Oltre alla questione genetica, emergono dubbi legati a possibili piste investigative trascurate. Il criminologo Ezio Denti, consulente della difesa, ha sottolineato comportamenti sospetti da parte di alcune persone vicine alla palestra frequentata da Yara, tra cui un custode con alibi poco convincente. Inoltre, è stato segnalato un secondo DNA femminile presente sulla giacca della ragazza, un elemento che non è mai stato chiarito del tutto.

Il silenzio delle compagne e gli aspetti irrisolti

Un altro punto critico riguarda le testimonianze: nessuna compagna di ginnastica di Yara ha ricordato con precisione cosa accadde quel pomeriggio. Questo “vuoto di memoria collettivo” lascia ancora più spazio ai dubbi. Alcuni esperti si chiedono se tutte le piste siano state realmente seguite o se ci sia stata una fretta investigativa nel puntare su Bossetti come unico responsabile.

Il dibattito sulla giustizia e la revisione del processo

La direttrice del canale Fatti di Nera, Tiziana Ciavardini, invita a riflettere sull’opportunità di approfondire il caso, anche per restituire fiducia nell’apparato giudiziario. Lo stesso penalista Carlo Taormina, pur riconoscendo la solidità del DNA come prova, ha criticato la gestione dei reperti e la mancata possibilità di riesaminare direttamente i campioni biologici. Secondo lui, si rischia di trovarsi davanti a una condanna “senza contraddittorio”.

Il caso come simbolo della crisi di fiducia nella giustizia

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha recentemente segnalato che oltre il 60% degli italiani dichiara di avere scarsa fiducia nella giustizia. Il caso Bossetti, con le sue ombre e contraddizioni, è diventato emblema di questa sfiducia diffusa. La presenza di altri DNA sulla scena del crimine, il deterioramento dei reperti e i limiti delle indagini alimentano l’idea che ci siano ancora molte domande senza risposta.

Continua a leggere per scoprire maggiori dettagli.