È stato arrestato a Tripoli il generale Osama Njeem Almasri, figura centrale nel complicato scenario politico e militare libico. La notizia, confermata dalle autorità locali e anticipata da fonti italiane, segna una svolta nella cooperazione tra il nuovo governo libico e la Corte penale internazionale (CPI). L’operazione, definita di alto profilo, arriva dopo mesi di indagini e di pressioni diplomatiche internazionali.
Secondo quanto riferito dal quotidiano Repubblica, l’arresto è il risultato di un’azione congiunta tra la Procura generale libica e la CPI, che da tempo chiedeva l’esecuzione del mandato di cattura nei confronti dell’alto ufficiale. Per mesi, Almasri era riuscito a sfuggire al fermo, muovendosi tra diverse zone del Paese sfruttando le divisioni territoriali e le rivalità interne.
Accuse pesantissime: torture e morte di detenuti
Le accuse contro Almasri sono gravi: secondo Libya24, il generale è ritenuto responsabile di torture inflitte a detenuti e della morte di almeno uno di loro durante un interrogatorio. La Procura ha confermato non solo l’arresto ma anche il rinvio a giudizio del militare, che dovrà rispondere di crimini contro i diritti umani.
Le indagini, condotte grazie a testimonianze dirette e documenti interni alle forze di sicurezza di Tripoli, delineano un quadro inquietante: violenze sistematiche ai danni di prigionieri e abusi di potere commessi in un periodo in cui Almasri ricopriva ruoli di comando. Gli investigatori ritengono che abbia personalmente autorizzato, e in alcuni casi eseguito, gli atti di tortura.
Un messaggio politico dal nuovo governo libico
L’arresto di Almasri rappresenta un segnale politico forte da parte del nuovo governo di Tripoli, deciso a dimostrare alla comunità internazionale di voler rompere con l’eredità di impunità del passato. La collaborazione con la CPI e la volontà di affrontare le violazioni dei diritti umani indicano una nuova fase nel rapporto tra la Libia e gli organismi giudiziari internazionali.




















