Non è mai stata trovata l’arma del delitto che il 13 agosto 2007 ha messo fine alla vita di Chiara Poggi. Né all’epoca, né di recente, quando è stato dragato un canale a Tromello. Ma oggi, a 18 anni di distanza, emerge un’ipotesi sorprendente: l’arma potrebbe essere sempre stata lì, dentro la casa di via Pascoli a Garlasco.
A sostenerlo è Enrico Manieri, 63 anni, esperto di balistica e criminalistica. Secondo la sua teoria, Chiara sarebbe stata uccisa con un portavasi in ferro battuto presente nell’abitazione. L’esperto si è basato sui risultati ufficiali dell’autopsia condotta dal dottor Marco Ballardini, analizzando le ferite nel loro insieme e non singolarmente.
Un oggetto solo, ma usato in modo brutale
«Le ferite alla nuca hanno caratteristiche contusive, mentre quelle al viso e alla tempia sembrano da taglio o da punta», spiega Manieri. Tuttavia, Chiara non presentava danni al naso o ai denti, che sarebbero stati inevitabili se fosse stata colpita frontalmente. L’esperto ipotizza dunque che la giovane avesse la faccia appoggiata su un oggetto tagliente mentre veniva colpita alla nuca. Quel possibile oggetto? Proprio il portavasi in ferro battuto, caduto durante l’aggressione.
L’aggressione: una sequenza ricostruita
Chiara, secondo l’analisi, avrebbe ricevuto prima un calcio alla coscia sinistra, cadendo in ginocchio. Vediamo l’intera ricostruzione nella prossima pagina.