Tensione e scintille nello studio di Massimo Giletti durante l’ultima puntata di “Lo Stato delle Cose” su La7.
Al centro del dibattito, la vicenda di Garlasco e in particolare le nuove indagini che coinvolgono Giuseppe Sempio, padre di Andrea, indagato per omicidio in concorso di Chiara Poggi.
Secondo l’ipotesi degli inquirenti, l’uomo avrebbe tentato di corrompere l’allora procuratore Mario Venditti per ottenere la piena assoluzione del figlio.
Colaprico: “È l’accusa che deve dimostrare la colpevolezza”
Durante il confronto, lo scrittore e giornalista Piero Colaprico ha invitato alla cautela nel giudicare la famiglia Sempio: “La vedo come una famiglia complicata, finita schiacciata dentro questa storia. Forse avrò una visione parziale, ma sui libri di giurisprudenza c’è scritto che è l’accusa a dover dimostrare la colpevolezza dell’indagato. Quando è l’indagato a dover dimostrare la sua innocenza, si finisce nell’inquisizione. Dal punto di vista mediatico ci può stare, ma non da quello delle carte giudiziarie.”
Una posizione garantista che ha subito acceso la reazione del legale di Alberto Stasi, l’avvocato Antonio De Rensis.
De Rensis: “Garantismo a intermittenza, quando c’è Stasi diventa inquisizione”
Il tono del dibattito è cambiato rapidamente quando De Rensis ha preso la parola: “Sono rimasto affascinato dal garantismo del dottor Colaprico — ha detto con ironia — ma quando parla di Stasi quel garantismo sparisce. Ha un garantismo intermittente: con Stasi scatta la Santa Inquisizione. È una mia libera interpretazione da modesto avvocato, ma per lui Stasi non è un cittadino come gli altri.”
Colaprico ha replicato prontamente, ricordando che “Stasi ha una sentenza passata in giudicato”.
De Rensis, con tono pacato ma deciso, ha precisato: “Mi riferivo allo Stasi indagato, non allo Stasi condannato.”
Due visioni inconciliabili sul “caso simbolo” della giustizia italiana
Il botta e risposta ha messo in evidenza due visioni opposte del garantismo e del ruolo dei media nei grandi casi giudiziari. Da un lato, Colaprico ha ribadito la necessità di rispettare la presunzione d’innocenza anche in presenza di sospetti pesanti; dall’altro, De Rensis ha criticato il doppio standard con cui, a suo dire, alcuni giornalisti difendono il principio del garantismo “a fasi alterne”, in base al personaggio coinvolto.
Il caso di Chiara Poggi e la condanna definitiva di Alberto Stasi continuano, a distanza di anni, a dividere l’opinione pubblica e gli stessi esperti di diritto e comunicazione.
E la nuova inchiesta che coinvolge la famiglia Sempio — ancora tutta da chiarire — sembra destinata a riaccendere il dibattito su verità processuale, giustizia mediatica e responsabilità degli inquirenti.


















