Risultato: sui pantaloni nulla di utile. Ma sui leggins e su una canottiera emersero alcune tracce di colore rossastro. Il luminol, sostanza utilizzata per rilevare tracce biologiche invisibili a occhio nudo, reagì in modo positivo. Due zone sui leggins e due macchie di 5 mm sulla canottiera “F”. Sembrava promettente.
#Garlasco, Ecco gli elementi trovati trovati nel canale pochi giorni dopo il delitto#Mattino5 pic.twitter.com/bLP7uY6cZP
— Mattino5 (@mattino5) May 28, 2025
Ma a spegnere le speranze arrivò il Combur Test, un esame rapido per rilevare sangue: risultato negativo, sia sui vestiti che sulle scarpe, che presentavano tracce brunastre e un doppio punto luminoso sotto le suole. Il caso, almeno per quel filone, venne chiuso lì.
I reperti oggi? Distrutti
La parte più sconvolgente arriva adesso. Secondo quanto ricostruito, tutti quei reperti sono stati distrutti, in quanto ritenuti non più utili dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi. Nessuna analisi con le moderne tecnologie, nessuna possibilità di confronto con eventuali nuovi indagati. Quei vestiti e quelle scarpe sono spariti per sempre.
Il genetista Pasquale Linarello, oggi consulente della difesa, ha sottolineato in trasmissione quanto sarebbe stato utile ripetere le analisi con strumenti più moderni come l’Obti test, in grado di individuare il sangue anche in tracce minime, distinguendolo da altre sostanze ossidate. Ma ora è impossibile: «Quei reperti non esistono più».
Un’occasione forse persa
Nel frattempo, il caso Garlasco torna a far parlare di sé: nuovi test del DNA, indagini su altri possibili sospetti, e l’ombra mai dissolta su un processo pieno di dubbi. Alla luce delle recenti aperture della magistratura, sapere cosa contenevano davvero quei vestiti – e a chi appartenessero – avrebbe potuto riscrivere tutto.
L’amarezza della testimone è evidente: «Abbiamo fatto il nostro dovere. Ma a quanto pare è servito a poco». Una frase che riecheggia, mentre il mistero di Garlasco continua ad allungare la sua ombra.