Ponte Sullo stretto, arriva lo stop
Il Ponte sullo Stretto di Messina, bandiera politica di Matteo Salvini, è finito al centro di un incidente diplomatico con gli alleati atlantici. Per settimane il vicepremier aveva sostenuto che l’infrastruttura, oltre a essere strategica per l’Italia, potesse rientrare tra le spese militari considerate dalla Nato. Una posizione ribadita più volte, anche dopo il via libera al progetto da parte del Cipess lo scorso 6 agosto.
A smontare questa ipotesi è stato però l’ambasciatore Usa alla Nato, Matthew Whitaker, che in un’intervista a Bloomberg ha bocciato ogni forma di “contabilità creativa” sulle spese militari. Poche ore dopo è arrivata la precisazione del Ministero delle Infrastrutture: l’opera da 13,5 miliardi di euro sarà interamente finanziata con fondi statali e “non sono previsti contributi Nato”.
La marcia indietro del governo
Il comunicato del dicastero guidato da Salvini ha segnato una netta retromarcia rispetto alle posizioni espresse in primavera, quando nel report governativo Iropi il ponte era stato indicato come parte integrante del Military Mobility Action Plan dell’Unione europea. Allora si sosteneva che l’opera avrebbe rafforzato la capacità di spostamento rapido delle truppe Nato dal Nord Europa al Mediterraneo.
La nuova linea parla invece di “eventuale utilizzo di risorse Nato non all’ordine del giorno e soprattutto non necessario”. Un passo indietro che ha generato imbarazzo nella maggioranza.
Le posizioni nella maggioranza
Non solo Salvini aveva spinto per la lettura “militare” del progetto. Vediamo tutto nella prossima pagina.