domenica, Agosto 3

“Quel dna…”. Colpo di scena su Garlasco, la scoperta che cambia tutto: non se n’erano mai accorti. Cosa hanno scoperto

 

Garlasco, spunta un Dna misterioso: la scoperta mai inserita negli atti ufficiali riapre il caso

A diciotto anni di distanza dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, emergono nuovi elementi che potrebbero rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio costruito negli anni.

Un dettaglio sorprendente, rimasto a lungo nell’ombra, sta attirando l’attenzione degli esperti e dell’opinione pubblica: un profilo genetico sconosciuto, identificato come un possibile “Dna fantasma”, ma mai ufficialmente riportato nei documenti del processo.

Questa clamorosa scoperta è stata riportata dalla giornalista Rita Cavallaro, da anni attenta osservatrice dell’evolversi del caso Garlasco. La Cavallaro ha ripreso una pista già menzionata da alcune fonti giornalistiche nei primi mesi successivi al delitto, ma che inspiegabilmente è scomparsa dai radar ufficiali.

Il “Dna fantasma”: un indizio ignorato?

Secondo quanto riportato, il cosiddetto “Dna fantasma” sarebbe stato individuato su tracce di sudore mescolate a sangue, trovate su una delle impronte insanguinate lasciate sul pigiama della vittima. Si tratterebbe quindi di materiale biologico estremamente rilevante, che potrebbe rivelare l’identità dell’aggressore.

Un articolo pubblicato da Il Giornale il 4 settembre 2007 riferiva esplicitamente la presenza di una impronta palmare insanguinata, impressa sul tessuto del pigiama, dalla quale era stato isolato il Dna del killer. Il giornale riportava: «Sul tessuto è rimasta impressa un’impronta mentre, mischiato alla sostanza ematica, c’era il sudore del killer, che è stato possibile isolare, risalendo al suo Dna».

Nonostante queste rivelazioni, il profilo genetico isolato non è mai stato allegato agli atti ufficiali dell’inchiesta, né compare nella relazione dattiloscopica del RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri), sollevando seri interrogativi sulla gestione delle prove.

Un’impronta dimenticata: il caso della “palmare 33”

La giornalista Rita Cavallaro pone l’attenzione anche su un altro elemento fondamentale: l’impronta palmare insanguinata conosciuta come “palmare 33”, ritenuta all’epoca un indizio chiave e potenzialmente decisiva per identificare l’assassino.

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