sabato, Aprile 19

Rocco Siffredi, le accuse delle attrici sul set: arriva la replica

Rocco Siffredi, le accuse delle attrici: «Mi umiliava, è stata una violenza».

«Per me è stata una violazione a tutti gli effetti. Continuava a umiliarmi, diceva che mi stava piacendo». Le parole sono forti, dirette, e provengono da alcune interpreti del cinema per adulti che hanno lavorato con Rocco Siffredi, uno dei nomi più noti del settore a livello internazionale.

A parlare sono donne che, per la prima volta, condividono pubblicamente le loro esperienze, davanti alle telecamere del programma Le Iene, in un’inchiesta firmata da Roberta Rei e Francesco Priano, che riaccende i riflettori su una questione spesso trascurata: il consenso nel contesto delle produzioni per adulti.

Secondo quanto riportato nel servizio che andrà in onda su Italia 1, molte delle pratiche messe in atto durante le riprese avrebbero superato i limiti contrattuali, arrivando a situazioni che le testimoni definiscono come fisicamente e psicologicamente invasive. Alcune delle attrici raccontano che ciò che è stato filmato ha oltrepassato ciò che era stato concordato in precedenza, includendo atti espressamente vietati. Tra le accuse più gravi, c’è anche l’uso irregolare dei cosiddetti “video di consenso”, che dovrebbero essere registrati al termine delle riprese per accertarsi che tutto si sia svolto nel rispetto delle volontà degli interpreti: in alcuni casi, questi filmati sarebbero stati realizzati prima delle scene, rendendoli inefficaci sotto il profilo etico e legale.

Particolarmente dura la testimonianza di Lera, che afferma: «Ha messo in atto qualcosa che io avevo chiaramente vietato. Ne sono uscita anche con ferite fisiche». Gloria, un’altra interprete, aggiunge: «Ripetevo che non volevo. Continuava a umiliarmi, a dirmi che in fondo mi stava piacendo. Per me è stata una violenza, anche se c’erano le telecamere. È stato doppiamente traumatico».

Le presunte aggressioni, secondo Ophelia Dust e altre testimoni, non sarebbero sempre avvenute sul set. Una giovane donna racconta di un episodio avvenuto in un bagno, lontano dalle riprese: «In quel momento mi sono sentita scollegata dalla realtà. Non capivo se fossi viva o no. Lui ha continuato per dieci minuti. E io ero completamente paralizzata, non riuscivo a parlare né a urlare».

Nel servizio vengono mostrati anche alcuni estratti di video girati a Budapest durante dei provini condotti da Siffredi. Un’interprete racconta di essere stata obbligata a eseguire atti non concordati: «Mi ha costretta a fare cose che avevo chiaramente rifiutato. Continuava a insistere, nonostante il mio diniego». Dopo essersi rifiutata di girare una scena considerata estrema, l’attore le avrebbe detto: «Devi dimostrarmi in un altro modo che meriti di essere pagata».

Di fronte a queste gravi accuse, Rocco Siffredi respinge tutto. «Forse in alcune scene ho esagerato, ma non ho mai costretto nessuna. La mia è una sessualità forte, ma sempre basata sul consenso. Non sono uno stupratore», dichiara al programma. Secondo l’attore, dietro le testimonianze si nasconderebbe un tentativo coordinato di infangare la sua immagine: «C’è un complotto internazionale contro di me», afferma, promettendo ulteriori chiarimenti nel corso dell’inchiesta.

Le testimonianze, tuttavia, tracciano un quadro più complesso e doloroso, in cui molte donne raccontano abusi rimasti nascosti per anni, timore di conseguenze professionali, e un contesto in cui il consenso – anche nei contenuti più spinti – sembra essere stato spesso ignorato. Le protagoniste dell’inchiesta provengono da Paesi diversi, non si conoscono tra loro, ma le loro storie hanno elementi in comune: il mancato rispetto dei limiti e della volontà delle attrici.

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