Secondo Zanella, la condanna di Alberto Stasi si basa su «sette indizi che non reggono». Li definisce «un castello di carta fragilissimo, che sta crollando»: «Già all’epoca quei sette indizi erano smentiti da ciò che era presente in atti». Una posizione che mette in discussione l’impianto accusatorio, lasciando intendere come il processo sia stato, a suo dire, poco solido fin dall’inizio.
Nuova inchiesta: «La Procura ha altro»
Ma il passaggio più esplosivo riguarda la nuova inchiesta in corso. Zanella non parla di complotti, ma ipotizza «una certa resistenza nel rimettere mano a un caso così delicato», comprensibile per le implicazioni emotive e giudiziarie. Tra le ipotesi alternative al movente originario, esclude la pista satanica e considera invece «più realistica la possibilità di abusi sessuali insabbiati e mai esplorati a fondo dagli inquirenti».
Ottobre, il mese chiave?
E poi la rivelazione che alimenta il tam tam mediatico: «La Procura di Pavia non vuol far trapelare nulla. Sono tre mesi che giriamo sempre intorno alle stesse cose. Ma sono abbastanza sicuro che abbiano raccolto altri elementi. Bisognerà aspettare ottobre, la fine dell’incidente probatorio». A suo giudizio, la Procura potrebbe avere in mano prove finora segrete, capaci di imprimere una svolta al caso.
Se queste indiscrezioni troveranno conferma, il giallo di Garlasco – a 18 anni dal delitto – potrebbe conoscere una nuova clamorosa fase, riscrivendo la storia giudiziaria di uno dei processi più discussi d’Italia.