Le indagini sull’attentato a Sigfrido Ranucci sembrano essere giunte a un punto di svolta. A oltre tre settimane dall’esplosione dell’ordigno davanti alla sua abitazione di Campo Ascolano, la Procura di Roma guidata dal pm Carlo Villani avrebbe individuato un sospettato chiave: un ex militare originario dell’Est Europa, esperto in esplosivi e con un passato oscuro nel sottobosco criminale.
L’uomo, secondo le ricostruzioni, sarebbe finito al centro dell’indagine con l’accusa di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso. Gli inquirenti non escludono che possa aver agito su commissione, come parte di un piano più ampio organizzato da soggetti interessati a zittire il giornalista d’inchiesta.
La notte della paura: la bomba e le prime tracce

L’attacco è avvenuto il 16 ottobre, alle 22:17, quando una bomba carta potenziata è esplosa tra l’auto del conduttore di Report e quella della figlia. L’ordigno, costruito con circa un chilo di polvere pirica compressa, ha distrutto parte della carrozzeria ma, fortunatamente, non ha provocato vittime.
Le telecamere di sorveglianza della zona hanno ripreso un uomo incappucciato che si allontanava rapidamente dal luogo dell’esplosione. In parallelo, gli investigatori hanno individuato una Panda nera vista aggirarsi nei pressi dell’abitazione, la stessa coinvolta in un tentativo di intrusione nella casa estiva di Ranucci avvenuto lo scorso agosto. Gli inquirenti sospettano che il giornalista sia stato pedinato per giorni.
Un ordigno “firmato” da mani esperte
Gli esperti del Ris hanno individuato elementi tecnici che lasciano pensare a una mano esperta. Il tipo di detonatore, la precisione del montaggio e la quantità di esplosivo fanno ipotizzare un autore abituato a muoversi in ambienti militari o criminali di alto livello. Alcuni dettagli della costruzione dell’ordigno sarebbero riconducibili a una “firma tecnica” già comparsa in altri episodi avvenuti nel Lazio negli ultimi anni.
















