Per fare un confronto, nel 2017 – sempre a pochi mesi dall’insediamento del suo primo mandato – il calo di popolarità era stato contenuto attorno ai 5 punti. Stavolta, invece, il crollo è ben più marcato e rapido. La causa principale? L’insoddisfazione generale verso la gestione dell’economia, un tema particolarmente sensibile per l’elettorato statunitense.
Il malcontento economico si diffonde anche tra i repubblicani
Uno degli elementi più significativi emersi dal sondaggio riguarda proprio la perdita di fiducia nella capacità di Trump di guidare l’economia nazionale. Dallo scorso marzo, la valutazione della sua leadership economica è scesa fino a toccare quota -7 nei sondaggi. Ma ciò che preoccupa di più è che anche una parte del suo elettorato inizia a mostrare segni di delusione: il 20% degli elettori repubblicani che lo hanno sostenuto nel 2024 disapprova apertamente la gestione dell’inflazione e del caro prezzi, mentre un 12% critica la sua conduzione su occupazione e crescita economica.
Un ulteriore campanello d’allarme arriva da un sondaggio condotto dall’Università del Michigan, che ha registrato un netto aumento del pessimismo tra gli elettori conservatori riguardo alle prospettive economiche del paese.
Scelte politiche controverse e tagli al bilancio federale
Il malcontento generalizzato non deriva soltanto dalla questione dei dazi. Secondo l’Economist, a contribuire al crollo nei consensi ci sarebbero anche tagli drastici al bilancio federale, voluti fortemente da Trump e messi in atto dal suo ministro del Tesoro, noto per la sua vicinanza a Elon Musk. Queste misure di austerità hanno colpito duramente settori considerati fondamentali per molti elettori repubblicani, come i programmi di sostegno agli agricoltori.
Il paradosso è che molti dei sostenitori di Trump, in particolare nelle zone rurali, stanno ora subendo direttamente gli effetti di queste politiche. Una contraddizione che rischia di minare la solidità della sua base elettorale, soprattutto se dovesse profilarsi una fase di recessione economica nei prossimi mesi.
L’importanza del voto indipendente: swing voters in bilico
Nonostante l’apparente tenuta del consenso tra la base repubblicana – con il 92% degli elettori dichiaratamente entusiasti – la vera sfida per Trump riguarda la conquista e la conservazione dei voti indipendenti, ovvero quei cittadini che non si identificano chiaramente con nessuno dei due grandi partiti ma che possono decidere l’esito di un’elezione.
È proprio grazie a questi “swing voters” che Trump è riuscito a conquistare un importante successo alle ultime presidenziali. Tuttavia, il clima di incertezza economica e la crescente insoddisfazione per alcune sue decisioni potrebbero allontanarli già a partire dalle prossime elezioni di mid-term. Uno scenario che, se dovesse concretizzarsi, rischierebbe di far perdere ai Repubblicani il controllo del Congresso e di mettere fine all’attuale fase di “onnipotenza” politica rivendicata dal presidente.
Il futuro politico di Trump: tra fedeltà interna e rischio esterno
Il calo di consensi non sembra, per il momento, intaccare il carisma personale di Trump all’interno del partito. Le sue apparizioni pubbliche, come il recente bagno di folla alla finale della UTC di Miami, continuano ad attirare migliaia di sostenitori. Tuttavia, questa immagine di forza rischia di rimanere una facciata se i numeri economici non torneranno a migliorare.
Il rischio più grande per Trump, infatti, non è tanto una ribellione interna al partito, quanto la perdita di credibilità presso l’elettorato più pragmatico, quello che vota in base alla situazione economica e alla qualità della vita quotidiana.