L’affluenza definitiva della prima giornata delle Regionali 2025 fotografa una realtà impossibile da ignorare: alle 23 ha votato appena il 31,48% degli aventi diritto. Un crollo netto rispetto al 39,86% della precedente tornata. La politica, questa volta, sembra aver perso definitivamente il contatto con il corpo elettorale, e a vincere è stato ancora una volta l’astensionismo.
È un dato che pesa più di qualsiasi exit poll, perché racconta una frattura che nessun leader è riuscito a ricucire. La disaffezione non è più un sintomo: è diventata la regola del sistema.

L’astensionismo non è neutro: è il vero voto politico del 2025
Il silenzio di milioni di elettori è il messaggio più forte uscito dalle urne. Non è un gesto apatico, ma una scelta consapevole di distanza. Una distanza che rende più fragile ogni maggioranza, più imprevedibile il consenso e più volubile il futuro delle leadership.
Quando l’astensionismo supera il 60%, nessun risultato è realmente rappresentativo. È la variabile che ridisegna l’intero scenario politico, soprattutto in territori dove la crisi sociale è più profonda.
I numeri regione per regione: il calo è generale e trasversale
Nel dettaglio, il crollo coinvolge tutte e tre le Regioni:
- Campania: 31,27% (contro il 37,97% del 2020)
- Puglia: 30,86% (contro il 40,38%)
- Veneto: 32,70% (contro il 45,53%)
Il Veneto resta la Regione con la partecipazione più alta, ma registra anche il distacco più ampio rispetto al passato. La Puglia, invece, si conferma il fanalino di coda, con dieci punti in meno in cinque anni.
Una campagna elettorale vivace nei simboli, povera nei contenuti
Il paradosso è evidente: la campagna elettorale è stata tutt’altro che spenta. Le immagini che hanno dominato il dibattito pubblico sono diventate virali:
- il “chi non salta è comunista” di Giorgia Meloni al Palapartenope, trasformato in meme in poche ore,
- Roberto Fico che arringa da un gozzo a Procida, immagine suggestiva ma più estetica che politica.
La sfida si è giocata soprattutto sul terreno dei simboli: palco affollato contro barca solitaria, slogan contrapposti, estetica contro estetica. Ma mentre i video correvano sui social, i temi centrali restavano ai margini.
I temi assenti: il voto senza contenuti che allontana gli elettori
A tenere banco non sono stati sanità, trasporti, ambiente o rifiuti, questioni che avrebbero richiesto risposte concrete. Il dibattito si è infiammato soprattutto sul condono edilizio della maggioranza, diventato il terreno di scontro quotidiano.
E la camorra, tema che avrebbe dovuto essere cardine in una campagna campana e pugliese, è rimasta sostanzialmente fuori dalle priorità. Una rimozione politica che pesa.
L’affluenza al 26% registrata alle 19 era già un campanello d’allarme, ma il dato definitivo sotto il 32% conferma un quadro drammatico: milioni di persone non si sentono più coinvolte nel processo democratico.
Non sono convinte, non si sentono ascoltate, non credono che il voto possa cambiare qualcosa. È una sfida enorme per chiunque guiderà le Regioni nei prossimi anni: governare territori dove la maggioranza non si è espressa.
Domani si riapre, ma la tendenza è segnata
I seggi riapriranno alle 7 per il secondo giorno di voto. Ma invertire la rotta appare difficile: se la discesa continuerà allo stesso ritmo, queste potrebbero diventare le Regionali più disertate degli ultimi decenni.
Il voto continua, ma la partecipazione è già il tema centrale del 2025.

















