Questo dettaglio si aggiunge a una lunga lista di incongruenze e criticità che hanno caratterizzato il caso fin dall’inizio: la gestione della scena del crimine, i ritardi nei rilievi, le perizie contraddittorie, e soprattutto una condanna — quella ad Alberto Stasi — arrivata dopo anni di assoluzioni e ricorsi, e basata su indizi discussi, come l’assenza di sangue sulle scarpe o il mancato allineamento della pedalata in bicicletta.
La posizione di Stasi
Alberto Stasi
si trova attualmente in carcere con una condanna definitiva a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi. Nel corso degli anni, ha sempre proclamato la propria innocenza. La sua difesa ha più volte sollevato l’ipotesi della presenza di un terzo soggetto nella casa della vittima.
Nel 2017 è emerso il nome di Andrea Sempio, amico di Chiara, il cui Dna venne riscontrato su un’unghia della ragazza. Tuttavia, la sua posizione fu archiviata per mancanza di elementi sufficienti a collegarlo all’omicidio.
L’ipotesi dell’uomo ignoto
Con l’identificazione di un profilo maschile ignoto, gli inquirenti si trovano di fronte a un bivio: si tratta di una contaminazione? Di un soggetto ancora non identificato che potrebbe essere coinvolto nel delitto? Oppure di un contatto occasionale ma innocente?
Le prossime settimane saranno decisive: se l’amplificazione del Dna fornirà un’identità, il caso potrebbe subire una svolta clamorosa con l’eventuale riapertura del processo e una revisione della condanna di Stasi. In caso contrario, resterà l’ennesimo cold case segnato da dubbi, misteri e verità a metà.