martedì, Luglio 22

Garlasco, è la fine: la procura ha parlato chiarissimo

 

Caso Garlasco, un nuovo capitolo:

Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il caso Garlasco continua a far discutere e a dividere l’opinione pubblica.

La recente decisione della Procura di Pavia segna però un punto di svolta importante, che potrebbe rappresentare la fine delle indagini. Il rifiuto della richiesta di incidente probatorio, avanzata dai legali della famiglia della giovane vittima, segna una chiusura netta alla possibilità di nuovi accertamenti scientifici su una delle prove più dibattute del caso: la “impronta 33”, rinvenuta sulla parete della scala interna della villetta di via Pascoli, dove Chiara fu uccisa il 13 agosto 2007.

L’impronta 33: una traccia carica di mistero

Fin dal ritrovamento, l’impronta palmare nota come “impronta 33” ha rappresentato un elemento centrale nelle indagini. Si tratta di una traccia scura, visibile su una parete della scala che collega i piani dell’abitazione di Chiara Poggi. Alcuni l’hanno sempre considerata un possibile indizio trascurato, una prova che avrebbe potuto indicare la presenza di un’altra persona sulla scena del crimine, diversa da Alberto Stasi, l’ex fidanzato della vittima e unico condannato in via definitiva per il delitto.

Negli anni, la difesa di Stasi ha più volte sottolineato che l’impronta potesse contenere residui di sangue e dunque materiale biologico utile per una rivalutazione del caso. L’ultima richiesta in tal senso è arrivata dai legali della famiglia Poggi, che hanno chiesto nuovi accertamenti tecnici proprio sulla “impronta 33”.

La risposta netta della Procura di Pavia

Tuttavia, la Procura ha risposto in maniera chiara e definitiva. Secondo quanto comunicato dai magistrati, non è più possibile effettuare analisi scientifiche sulla traccia in questione. Questo perché il materiale contenente l’impronta è stato completamente consumato durante i precedenti accertamenti. L’intonaco grattato dalla parete, infatti, è stato utilizzato negli anni immediatamente successivi al delitto per effettuare vari test, tra cui anche l’OBTI test, una metodologia specifica per rilevare la presenza di sangue umano, che diede però esito negativo.

Continua a leggere per scoprire maggiori dettagli.