sabato, Maggio 24

Il Caso Garlasco: Parla l’ex Maresciallo Marchetto, “Indagavo sulle gemelle Cappa, ma fui fermato”

L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, continua a far discutere. A distanza di anni, il caso non ha ancora trovato una verità definitiva che metta fine ai dubbi e alle ombre.

Al centro dell’attenzione torna Franco Marchetto, l’ex maresciallo dei carabinieri che all’epoca dei fatti comandava la stazione locale. Marchetto, oggi gestore di un bar nel paese, ha rilasciato nuove dichiarazioni che sollevano interrogativi importanti sull’inchiesta e su chi abbia effettivamente ucciso la giovane Chiara Poggi.

Tre condanne e una nuova richiesta di risarcimento

Franco Marchetto ha subito tre condanne, tra cui una direttamente connessa al caso Poggi. Ora, a quasi un decennio dalla sua condanna, la famiglia di Chiara gli ha richiesto un risarcimento danni pari a 40.000 euro. “Una richiesta che mi amareggia profondamente”, afferma l’ex maresciallo, “soprattutto perché arriva proprio ora che sto cercando di fare chiarezza su quanto accaduto. Per me, è come se questa fosse la mia ultima indagine”.

Peculato, falsa testimonianza e favoreggiamento: le accuse a Marchetto

Le condanne che hanno segnato la carriera e la vita di Marchetto riguardano tre capi d’accusa: peculato, falsa testimonianza e favoreggiamento. Uno degli episodi contestati risale al prestito di un dispositivo GPS a Silvia Sempio, zia di Andrea Sempio (altro nome rilevante nel caso). Il maresciallo spiega che l’aveva prestato per controllare i movimenti di famiglia, ma in realtà la donna lo avrebbe usato per seguire il marito, scatenando così un’indagine. La falsa testimonianza, invece, riguarda l’interrogatorio della testimone Franca Bermani, che parlò della misteriosa bicicletta nera da donna con molle cromate. “Ero presente in caserma e la accompagnai io, ma lei non mi riconobbe. Un dettaglio che mi è costato caro”, dichiara Marchetto.

Una verità ancora lontana: “Finora un colpevole, ma non il vero colpevole”

Parlando della riapertura delle indagini e dell’ipotesi di coinvolgimento di Andrea Sempio, Franco Marchetto si dice fiducioso nel lavoro della procura di Pavia. “Sono convinto che abbiano molto materiale e che ci stupiranno. I carabinieri di Milano vogliono arrivare a una conclusione definitiva, non a un compromesso. Finora abbiamo avuto un colpevole, ma non il colpevole. Quando emergerà la verità, sarà chiaro anche il male che è stato fatto a me, e da chi”.

Il ruolo delle gemelle Cappa e i sospetti ignorati

Uno dei punti centrali delle dichiarazioni di Marchetto riguarda le gemelle Cappa, vicine alla scena del delitto e all’epoca sospettate da più di un abitante del paese. “Il paese è sempre stato diviso tra chi credeva all’innocenza di Stasi e chi no. Ma molti mi dicevano di guardare verso le gemelle Cappa. C’era un testimone che smentiva gli alibi della madre quella mattina, e un altro che descrisse Stefania in bicicletta con troppi dettagli per essersi inventato tutto”, spiega l’ex maresciallo. Nonostante queste testimonianze, l’indagine si fermò lì. “Avremmo dovuto entrare in casa loro e indagare a fondo, ma ci fu detto che avevano un alibi. Ma chi lo ha mai verificato realmente?”, si chiede oggi.

La famosa bicicletta nera: un elemento sottovalutato?

Marchetto ricorda anche la vicenda della bicicletta nera della famiglia Stasi. Il giorno dopo l’omicidio, si recò nell’autofficina del padre di Alberto Stasi per visionarla. “Era diversa rispetto a quella descritta dalla testimone. Non fui io a sequestrarla, e nemmeno lo fecero i colleghi di Vigevano. Un’occasione persa per fare chiarezza”, racconta.

Il confronto con Stasi e il dettaglio del volto pallido

Tra i ricordi più significativi, Marchetto cita il momento in cui parlò con Alberto Stasi dopo il ritrovamento del corpo di Chiara. “Gli chiesi di parlarmi della ragazza trovata morta, e lui disse solo che aveva il volto pallido. Gli mostrai la foto e gli dissi: ‘È questa, stronzo?’ Solo oggi mi rendo conto che quel ragazzo era nel panico, ma all’epoca avrei voluto insistere. Invece fu subito messo in una stanza con i genitori: un errore da dilettanti”.

Il coinvolgimento de Le Iene e l’interesse mediatico

Marchetto è anche l’uomo che ha messo in contatto la trasmissione “Le Iene” con un testimone importante, residente lungo il canale di Tromello. Grazie a questo collegamento, nuovi elementi sono stati portati alla luce. “Volevo solo che si sapesse tutta la verità”, commenta.

Il caso Sempio e le indagini su un nuovo possibile sospettato

Il nome di Andrea Sempio è emerso solo più tardi nelle indagini, e Marchetto ammette di non averlo mai sentito nominare prima che finisse sotto inchiesta. “Era un ragazzino, come quelli del suo gruppo. Ma forse, proprio per questo, è stato sottovalutato. Oggi potrebbe essere la chiave per sbloccare un’inchiesta che merita finalmente giustizia”.

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