Una vera e propria tempesta politica si è abbattuta sulla Spagna, scuotendo dalle fondamenta l’esecutivo guidato da Pedro Sánchez.
L’arresto di Santos Cerdán, ex segretario organizzativo del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE), ha innescato un terremoto politico che rischia di compromettere la tenuta del governo. Il coinvolgimento di Cerdán in un’inchiesta per corruzione ha scatenato reazioni a catena tra i partiti, con forti ripercussioni sia all’interno della coalizione che nei rapporti con l’opposizione.
Scandalo corruzione: cosa emerge dall’indagine
Secondo i documenti dell’inchiesta condotta dal giudice della Corte Suprema, Leopoldo Puente, Santos Cerdán avrebbe avuto un ruolo centrale in un articolato sistema di tangenti. L’indagine si concentra su una commessa pubblica da 500 milioni di euro, affidata dal Ministero dei Trasporti alla società Acciona Construcción. Tale assegnazione, secondo gli inquirenti, sarebbe stata manipolata attraverso un sistema di favori e tangenti.
Le intercettazioni ambientali registrate presso l’abitazione di Koldo García, altro personaggio chiave dell’inchiesta, delineano uno scenario inquietante: il 10% dell’appalto – circa 50 milioni di euro – sarebbe stato spartito tra Cerdán, García stesso e l’ex ministro dei Trasporti, José Luis Ábalos. Questi elementi hanno portato il giudice Puente ad escludere qualsiasi misura alternativa al carcere, rilevando rischi concreti di fuga, di alterazione delle prove e di pressione sui testimoni.
Una difesa traballante e tardive dimissioni
Santos Cerdán si era dimesso ufficialmente lo scorso 12 giugno, nel tentativo – secondo molti – di prendere le distanze dal caso prima che esplodesse del tutto. Tuttavia, durante l’interrogatorio in tribunale, l’ex dirigente socialista non ha fornito spiegazioni convincenti. Pur non negando l’esistenza delle registrazioni, ha dichiarato di non ricordare alcune delle conversazioni intercettate, oppure di ritenerle decontestualizzate.