mercoledì, Aprile 30

Bersani attacca Meloni: “Nel mondo si mettono a ridere di noi”

Simboli e comunicazione: “Occasioni sprecate che ci fanno perdere dignità”

Pier Luigi Bersani ha poi messo in evidenza come l’assenza di Meloni ai funerali del Papa non sia solo un errore politico, ma anche un fallimento comunicativo. “Il mondo ha visto cosa ha rappresentato Roma in quel momento. Poteva essere una vetrina straordinaria per dimostrare il ruolo che il nostro Paese può avere nei contesti globali. Invece, ci siamo autoesclusi. E quando ci si esclude da appuntamenti simbolici come questi, non si fa che peggiorare l’immagine dell’Italia a livello internazionale”.

Secondo Bersani, questo tipo di comportamento indebolisce la credibilità dell’Italia e riduce le possibilità di influenzare davvero gli equilibri geopolitici. “La nostra capitale era al centro dell’attenzione mondiale, eppure il nostro governo era altrove. Ecco perché ci ridono dietro”, ha aggiunto, con una punta di amarezza.

Il tema della memoria: Ramelli e le accuse di memoria selettiva

Durante l’intervista, Bersani ha affrontato anche un secondo tema di grande rilevanza: la gestione della memoria storica da parte del governo. In particolare, si è soffermato sul video diffuso da Giorgia Meloni in occasione del 50° anniversario della morte di Sergio Ramelli, giovane militante neofascista assassinato nel 1975 da esponenti dell’estrema sinistra.

Meloni, nel messaggio, ha parlato di una memoria che “inizia a essere condivisa”, lodando il gesto commemorativo del francobollo dedicato a Ramelli. Per lei, si trattava di un passo verso una pacificazione nazionale.

Bersani, però, ha criticato duramente quella che ha definito “una memoria a senso unico”. Ha ricordato come, pochi giorni dopo, cadrà un anniversario altrettanto significativo: quello della morte di Alceste Campanile, ucciso nel 1975 da un militante neofascista, condannato anche per la strage di Bologna. “Si può parlare di riconciliazione solo se si riconoscono tutte le ferite del nostro passato. Ma Meloni continua a evitare di chiamare fascista quella strage, nonostante le sentenze”, ha attaccato Bersani.

Una richiesta di verità e responsabilità storica

Per l’ex ministro, il vero problema è la mancanza di equilibrio nel trattare il passato. “La memoria deve essere collettiva, non selettiva. Deve riconoscere sia le vittime della violenza rossa che quelle del terrorismo nero. Non si può usare la storia come uno strumento di propaganda politica”, ha sottolineato Bersani, rivolgendosi direttamente alla premier.

Secondo lui, un presidente del Consiglio ha il dovere morale e istituzionale di promuovere una riflessione onesta sul passato dell’Italia, senza omissioni né preferenze ideologiche. “Serve un atto di verità prima ancora che di giustizia”, ha concluso.

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