Bonifici di Natale tra parenti: quando il regalo può insospettire il Fisco e cosa rischi davvero

A pochi giorni dal Natale, sempre più regali viaggiano attraverso un bonifico bancario invece della tradizionale busta con i contanti. Un gesto semplice, tracciabile e ormai diffusissimo all’interno delle famiglie, soprattutto quando genitori, nonni o fratelli decidono di aiutare economicamente figli e nipoti.

Quello che nella vita quotidiana appare come un atto naturale di sostegno familiare, però, può assumere un significato molto diverso se osservato dal punto di vista del Fisco. Un accredito sul conto corrente, infatti, può essere interpretato come un possibile reddito non dichiarato, facendo scattare richieste di chiarimento e controlli fiscali.

Il tema è particolarmente attuale in un periodo come quello natalizio, in cui i movimenti di denaro tra conti correnti aumentano sensibilmente e attirano l’attenzione della GdF.

Indagini bancarie e presunzione di reddito

La normativa sulle indagini finanziarie attribuisce all’Amministrazione finanziaria poteri di controllo molto ampi. Bonifici, versamenti e, in alcuni casi, anche prelievi possono essere considerati indizi di redditi imponibili non dichiarati.

Si tratta della cosiddetta presunzione legale relativa: non equivale a una colpa automatica, ma comporta un effetto rilevante per il contribuente. In presenza di movimenti sospetti, l’onere della prova si sposta su chi riceve il denaro, chiamato a dimostrare l’origine lecita delle somme.

In altre parole, spetta al contribuente spiegare perché quel bonifico non rappresenta un compenso occulto, ma un trasferimento privo di rilevanza fiscale.

Cosa dice la Cassazione sui bonifici familiari

Nel corso degli anni, la Finaza è intervenuta più volte sul tema, chiarendo che il semplice dato formale del movimento bancario non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un reddito imponibile.

I giudici hanno ribadito che occorre una valutazione concreta delle circostanze: chi ha versato il denaro, con quali risorse e per quale motivo. Tuttavia, resta fermo un principio fondamentale: è sempre il contribuente a dover fornire prove coerenti e documentate.

In assenza di spiegazioni convincenti, il rischio è che il bonifico venga assimilato a un ricavo non dichiarato.

Il caso pugliese: i bonifici da madre e sorella

Un esempio emblematico arriva dalla Puglia, dove una controversia fiscale ha fatto chiarezza su questo tipo di situazioni. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato una serie di versamenti ricevuti da una società con socio unico, chiedendo di chiarirne la natura.

Tra i bonifici finiti sotto la lente del Fisco, due provenivano dalla madre dell’imprenditore, pensionata, e dalla sorella, dipendente pubblica. Soggetti, quindi, con redditi noti, tracciabili e già tassati.

In primo grado, la Commissione tributaria aveva dato ragione all’Amministrazione finanziaria. In appello, però, la decisione è stata completamente ribaltata.

La sentenza: il sostegno familiare non è reddito

Con la sentenza n. 4378 del 31 dicembre 2024, la Corte di giustizia tributaria ha stabilito un principio chiaro: i bonifici ricevuti da familiari non sono automaticamente reddito imponibile.

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