«Da avvocato del popolo a capo del tribunale del popolo: Conte pretende di leggere le carte sull’inchiesta che coinvolge Matteo Ricci e poi di emettere la sua personale sentenza», scrive Picierno su X. Poi affonda il colpo parlando di «giustizialismo a corrente alternata» e ricordando ai grillini i loro scheletri nell’armadio: «Difese Appendino da una condanna, ora si accanisce su un amministratore specchiato e stimato come Ricci». Il riferimento è alla condanna dell’ex sindaca di Torino per i fatti di piazza San Carlo nel 2017, quando la calca durante la finale di Champions provocò il caos e diverse vittime.
Appendino replica: «Mistificazione politica»
La risposta di Chiara Appendino non si è fatta attendere. Con un lungo post, l’ex sindaca accusa Picierno di «mistificazione politica» e spiega: «Il mio caso lo conoscono tutti: una condanna per responsabilità oggettiva, che ha aperto un dibattito sul perimetro delle responsabilità dei sindaci». Poi l’affondo: «Se per difendere un collega di partito serve riscrivere la storia, il problema non è la mia condanna, ma il tuo concetto di serietà. Le buffonate lasciamole alla destra».
La linea di Conte e il silenzio di Schlein
Conte, intanto, non arretra: «Aspettiamo gli atti, nessuno vuole processi sommari ma pretendiamo trasparenza». Un messaggio che irrita il Pd e fa esplodere il nervosismo interno alla coalizione. Schlein, finora silente, dovrà presto decidere se fare muro attorno a Ricci o cercare un compromesso per non perdere l’alleanza con i 5 Stelle. Ma il tempo stringe: le regionali si avvicinano e la destra, con Francesco Acquaroli, osserva compiaciuta il caos nel campo avversario.
Cosa c’è in gioco
Le Marche rappresentano un test politico fondamentale. Una vittoria di Acquaroli (FdI) rafforzerebbe Meloni in vista delle politiche 2027, mentre una sconfitta del centrosinistra rischia di mettere in crisi la leadership della Schlein e il progetto di un’alleanza progressista stabile. «Se cade Ricci – confessa un deputato dem – cade l’idea stessa del campo largo».
Il risultato? Pd e M5S sempre più distanti, con il rischio concreto che la frattura diventi definitiva. E il caso Ricci si trasforma nel simbolo di un’alleanza che non riesce mai a diventare davvero solida.