mercoledì, Luglio 9

“Se vengono chiama questo numero”. Garlasco, l’intercettazione del super testimone al telefono

 

L’allusione a una persona terza, mai nominata chiaramente, e il consiglio di non parlare senza la presenza di un avvocato, fanno intuire la pressione che Muschitta potrebbe aver subito all’epoca. Il suo stato d’animo, colmo di ansia e paura, suggerisce quanto possa essere complesso e psicologicamente pesante per un cittadino comune trovarsi improvvisamente coinvolto in un caso mediatico di tale portata.

 

Le reazioni: tra sospetti e scetticismo

La telefonata ha provocato diverse reazioni, sia in ambito giornalistico che legale. L’avvocato Giovanni De Rensis, difensore di Alberto Stasi, ha commentato l’audio con tono critico e ironico, affermando:

 

“Per fortuna che è una rappresentazione teatrale, sapendo che Muschitta è inattendibile. Qui, mentre recitano, lei dice a lui che tutte le cose che gli hanno detto poi non gli succederanno. Allora vorrei capire a questa signora chi ha detto cosa, e chi è questo che non nominano.”

 

Secondo De Rensis, la telefonata sarebbe un dialogo costruito, poco attendibile, e il coinvolgimento di Muschitta non avrebbe alcun impatto concreto sull’impianto probatorio che ha portato alla condanna del suo assistito.

 

Un caso che non smette di far discutere

Il caso di Garlasco continua a essere una ferita aperta per l’opinione pubblica italiana. La figura di Marco Muschitta, oggi come allora, rappresenta un simbolo della fragilità dei testimoni, delle pressioni implicite e delle difficoltà nel mantenere fermezza in una realtà giudiziaria spesso impenetrabile. La recente intercettazione telefonica riporta alla ribalta un aspetto fondamentale del processo: la credibilità dei testimoni e le circostanze in cui maturano le loro dichiarazioni.

 

In un contesto in cui le certezze sono poche e i dubbi ancora molti, ogni elemento — anche quelli apparentemente marginali come una telefonata — può contribuire a rileggere eventi ormai archiviati. L’impressione è che, nonostante le sentenze, il caso Chiara Poggi non sia mai stato del tutto chiuso, né sul piano investigativo né su quello della coscienza collettiva.

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