Quest’ultimo aveva chiesto a Ranucci di chiarire un episodio da lui citato in passato, secondo cui «sarebbe stato pedinato su richiesta del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari».
A quel punto il conduttore ha chiesto che venissero spente le telecamere e l’audio, e la Commissione ha accettato.
“Non so a cosa ricondurre l’attentato”
Davanti ai parlamentari, Ranucci ha ricordato il clima di tensione che ha preceduto l’esplosione avvenuta sotto casa sua a ottobre. «Non era certo un fuoco d’artificio — ha spiegato —, ma qualcosa di serio. Quelle parcheggiate fuori dalla mia abitazione erano macchine a gas: se fossero esplose, avrebbero buttato giù la palazzina».
Il giornalista ha aggiunto di non aver ricevuto altre minacce dopo l’attentato, ma di non poter escludere connessioni con le inchieste di Report, che in quei giorni si occupava di ’ndrangheta, eolico e stragi.
Ranucci difende la libertà editoriale
Durante l’audizione, Ranucci ha espresso riconoscenza al direttore di Rai3 Paolo Corsini: «È un direttore che va rispettato, perché mi ha lasciato libero dal punto di vista editoriale. La libertà d’informazione è un valore inestimabile».
La solidarietà della Commissione
La presidente della Commissione, Chiara Colosimo, ha espresso la vicinanza di tutti i membri al giornalista: «Esprimiamo la più sincera solidarietà e la ferma condanna per quanto avvenuto. La presenza di Ranucci qui dimostra che intendiamo stare al suo fianco di fronte a tentativi di intimidazione tanto gravi che non possono essere sottovalutati».
L’audizione di oggi si inserisce in un quadro complesso che intreccia giornalismo investigativo, politica e sicurezza. Le rivelazioni di Report sui rapporti tra esponenti politici e istituzionali continuano a suscitare forti reazioni, mentre la magistratura indaga sull’attentato che ha colpito il conduttore. Il dibattito sull’indipendenza della stampa e sulla protezione dei giornalisti torna così al centro della scena pubblica.


















