venerdì, Ottobre 3

Flotilla e Gaza, il silenzio di Elly Schlein divide il PD: “Confusione e paura di perdere voti a sinistra”

Il silenzio che pesa

Nel pieno del dibattito internazionale sul piano di pace per Gaza proposto da Donald Trump, sorprende l’assenza di una posizione chiara da parte della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. La sua scelta di non commentare, né a favore né contro, è diventata così evidente da costringere altri esponenti dem – tra cui Lorenzo Guerini e Alessandro Alfieri – a rilasciare dichiarazioni ufficiali per sostenere il piano. Un segnale che riflette la confusione e la spaccatura interna al PD.

Il confronto con Mattarella

Il silenzio di Schlein contrasta con la posizione assunta dal presidente Sergio Mattarella, che ha chiesto alla Global Sumud Flotilla di accettare la mediazione del Vaticano per consegnare gli aiuti umanitari a Cipro, evitando il rischio di un intervento militare israeliano.

L’intervento del Capo dello Stato è stato studiato nei dettagli, proprio per superare l’impasse politica: Meloni aveva rivelato la trattativa, rendendo difficile per gli attivisti accettare un compromesso proposto da un governo di destra. Con Mattarella, il PD avrebbe avuto un’uscita onorevole. Ma Schlein ha scelto di ringraziare senza schierarsi davvero.

La paura di perdere voti a sinistra

Alla base della sua cautela c’è il timore di sembrare troppo moderata rispetto ai suoi alleati principali: Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, entrambi molto più radicali sul tema di Gaza. Non a caso, poche ore dopo l’appello di Mattarella, Nicola Fratoianni ribadiva che «ogni scelta spetta alla Flotilla», mentre Giuseppe Conte assicurava che «qualunque decisione prenderà, la Flotilla avrà sempre il sostegno del M5S».

Una tradizione interrotta

Per il PD, non allinearsi con il Presidente della Repubblica è una rottura non da poco. Storicamente il partito è stato definito «il partito del presidente», con figure come Mattarella votate due volte proprio dai dem per la carica di Capo dello Stato. Il malumore interno è quindi palpabile: i dirigenti più moderati vedono in questo silenzio un segnale di debolezza e di dipendenza dalla concorrenza a sinistra.

La prova del voto in Parlamento

Giovedì il ministro degli Esteri Antonio Tajani riferirà in Parlamento sugli sviluppi in Medio Oriente. È altamente improbabile che la maggioranza e le opposizioni trovino una risoluzione comune. Il governo punta a elogiare il ruolo di Trump, mentre M5S e AVS non accetteranno compromessi sulla condanna di Israele. Il PD, ancora una volta, rischia di restare nel mezzo. L’ipotesi più probabile è che presenti una propria risoluzione e si astenga su quelle degli altri, o addirittura che scelga di non partecipare al voto, evitando di esporsi.

Una leader sotto pressione

Schlein dovrà quindi destreggiarsi tra le richieste di unità interna, la pressione di Conte e Fratoianni e l’abilità politica di Giorgia Meloni, che ha già sfruttato le ambiguità dem per mettere in difficoltà l’opposizione. Con le elezioni regionali in Calabria alle porte, il silenzio di oggi rischia di trasformarsi in un boomerang politico domani.

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