Colpo di scena nel delitto di Garlasco. Secondo la nuova inchiesta della Procura di Pavia, Alberto Stasi non può essere l’assassino di Chiara Poggi. Una conclusione clamorosa, maturata dopo la rilettura integrale del fascicolo d’indagine e nuove analisi scientifiche condotte da esperti come l’anatomopatologa Cristina Cattaneo. A distanza di diciotto anni dall’omicidio, le nuove perizie riscrivono completamente la dinamica del delitto, mettendo in discussione la condanna a sedici anni che Stasi sta ancora scontando.
Una dinamica del delitto completamente riscritta
La revisione delle carte giudiziarie avrebbe rivelato che l’aggressione non si consumò in un’unica fase, ma in più momenti distinti. Un particolare che cambia radicalmente la cronologia dei fatti e, di conseguenza, l’alibi di Stasi. L’omicidio, avvenuto nella villetta di via Pascoli a Garlasco la mattina del 13 agosto 2007, si sarebbe protratto ben oltre le 9:35 – orario in cui, secondo le vecchie sentenze, Stasi avrebbe riacceso il computer di casa dopo aver commesso il delitto.
Le analisi condotte da Cattaneo, incrociate con le indagini dei Ris di Cagliari sulle tracce di sangue (macchie, schizzi, pozze), avrebbero permesso di ricostruire i movimenti dell’assassino e la posizione della vittima durante l’aggressione. La conclusione, ancora non ufficiale ma filtrata da fonti investigative, è che Chiara ebbe il tempo di difendersi e che la morte non fu immediata. Tutto ciò sposta in avanti l’orario del delitto, rendendo impossibile la presenza di Stasi sulla scena del crimine.
L’alibi di Stasi si rafforza
Le sentenze definitive collocavano il delitto tra le 9:12 (quando Chiara disattivò l’allarme) e le 9:35, momento in cui Stasi riaccese il suo computer. Tuttavia, le nuove analisi patologiche e le vecchie perizie autoptiche parlano di un’ora del decesso compresa tra le 10:30 e le 11:30. In altre parole, il delitto sarebbe avvenuto oltre un’ora dopo rispetto alla finestra oraria che permise la condanna.
«Di fatto, l’orario del delitto fu fissato per far rientrare Stasi nell’accusa», scrive Il Giornale. Se la ricostruzione venisse confermata, l’alibi dell’ex studente milanese diventerebbe inattaccabile. Un cambio di prospettiva che potrebbe spingere i giudici a valutare una revisione della sentenza, ipotesi che fino a poco tempo fa sembrava impossibile.















