I commenti sui social si sono moltiplicati, creando due vere e proprie fazioni.
Da una parte, chi ritiene il gesto un modo genuino per affrontare il lutto, per non dimenticare e per trasformare il dolore in memoria. Dall’altra, chi parla di strumentalizzazione, di scelte inappropriate che rischiano di svilire il significato profondo di una perdita così tragica.
Alcuni utenti hanno scritto: “È toccante vedere quanto amore ci sia ancora nel ricordo della figlia”. Ma altri non sono stati teneri: “Fare un video del genere è vergognoso. Ognuno vive il dolore a modo suo, ma qui si è superato il limite”. In mezzo, tantissimi commenti più pacati che invitano a non giudicare, ricordando che ognuno elabora il lutto in modo diverso.
Memoria o spettacolo? Il confine sottile del dolore esposto
Questa vicenda mette in luce ancora una volta il rapporto delicatissimo tra dolore personale e visibilità pubblica. Nell’epoca dei social, ogni gesto – anche il più intimo – può diventare oggetto di esposizione e discussione. E in casi come questo, il confine tra ricordo sincero e spettacolarizzazione del dolore si fa estremamente sottile.
Il volto della madre, le mani tremanti, il panino semplice ma carico di significato: tutto nel video parla d’amore, ma anche di una sofferenza ancora apertissima. Forse il gesto nasce solo da lì, da un bisogno profondo di sentirsi ancora vicina alla figlia. Forse è un modo per urlare che Martina c’è ancora, anche solo in una ricetta. Ma la realtà è che in rete nessun gesto è mai neutro, e tutto viene giudicato, discusso, analizzato.
Il bisogno umano di ricordare
In fondo, la madre di Martina ha fatto ciò che molte persone farebbero: ricordare attraverso i gesti quotidiani, i sapori, i luoghi. Un panino come simbolo di un legame che la morte non può spezzare. Il web ha amplificato il gesto, ma forse il messaggio – tra lacrime, indignazione e silenzi – è uno solo: chi amiamo davvero non muore mai.