lunedì, Agosto 18

Von der Leyen contro Trump: «I confini non si cambiano con la forza». Lunedì l’incontro a Washington

Una proposta che sposterebbe de facto i confini riconosciuti a livello internazionale e che, proprio per questo, incontra lo stop europeo e il rifiuto ucraino. Per Kyiv, “congelare” oggi significherebbe preparare il terreno a nuove pressioni domani.

Washington, lunedì: cosa c’è sul tavolo

Alla Casa Bianca si profila un passaggio politico delicato. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atteso per un confronto diretto con Donald Trump, con il coinvolgimento dei principali leader europei. Sul tavolo: il formato di eventuali colloqui successivi con la Russia, l’architettura di garanzie per la sicurezza ucraina (difesa aerea e supporto militare-finanziario di lungo periodo), l’eventuale “trilaterale” per definire i contorni di un possibile percorso negoziale. L’Europa vuole essere parte della soluzione, ma senza concessioni che violino diritto internazionale e sovranità di Kyiv.

Le linee rosse di Kyiv e la posta dell’Europa

Zelensky continua a chiedere unità occidentale “come nel 2022” e insiste su due punti: cessate il fuoco subito e garanzie forti, con Usa e Ue come garanti principali. Per i partner europei, l’obiettivo è duplice: evitare una pace apparente che lasci la guerra in stand-by e impedire qualsiasi veto russo sul percorso europeo e atlantico dell’Ucraina. Da Bruxelles a Parigi, da Berlino a Londra, la bussola è chiara: sostenere Kyiv, rafforzare le sanzioni se necessario e blindare un sentiero che porti a una pace giusta, non a un semplice sospeso.

Perché il vertice di lunedì pesa più di Anchorage

Se Anchorage ha mostrato che il confronto diretto non basta, Washington dovrà chiarire se gli Stati Uniti intendano perseguire un accordo-lampo con annessi scambi territoriali oppure un percorso graduale fondato su tregua verificabile, garanzie e ricostruzione politica. È il momento in cui definire, nero su bianco, le “linee rosse” comuni. Per l’Europa è anche un banco di prova: trasformare la retorica dell’unità in leva negoziale concreta, capace di reggere agli urti di un tavolo dove Mosca prova a incassare dividendi senza arretrare sul piano strategico.

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