L’abbandono di Niccolò Celesti
La Global Sumud Flotilla, composta da oltre 50 imbarcazioni con delegazioni provenienti da 44 paesi, continua la sua rotta verso Gaza tra allarmi e tensioni politiche. Ma nelle ultime ore è arrivata la notizia dell’uscita di Niccolò Celesti, fotoreporter fiorentino e membro dell’equipaggio. Celesti ha annunciato di aver lasciato la missione a causa di divergenze insanabili con il comitato direttivo: «Non ero più allineato alle idee del comitato, si erano create troppe differenze di vedute. Non sono l’unico: molti la pensano come me e hanno deciso di scendere».
Celesti ha spiegato che, prima della partenza, durante i training a Catania, era stato chiarito ai volontari che l’obiettivo non fosse quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza ma di smuovere le coscienze del mondo con un’azione simbolica e provocatoria, mantenendosi sempre in acque internazionali. «La linea rossa – ha dichiarato – era di non entrare nelle acque controllate da Israele».
Il ruolo di Greta Thunberg e degli attivisti internazionali
A bordo della Flotilla ci sono figure di rilievo internazionale, tra cui l’attivista svedese Greta Thunberg, parlamentari europei e delegazioni italiane. La loro presenza ha acceso i riflettori mediatici sull’iniziativa, che da un lato è presentata come missione umanitaria volta a portare aiuti a Gaza (cibo, medicinali, beni di prima necessità), ma dall’altro è interpretata da Israele come una «provocazione al servizio di Hamas».
L’unica rassicurazione arrivata da Tel Aviv è stata quella di eventuali «respingimenti non letali». Ma resta il rischio concreto di un intervento militare israeliano in caso di ingresso nelle acque sotto controllo di Tel Aviv. In tal senso, gli abbandoni come quello di Celesti rivelano le profonde spaccature interne al movimento su metodi e obiettivi.
L’intervento di Luca Casarini
Tra le voci che si sono alzate in difesa della missione c’è quella di Luca Casarini, storico leader no global e oggi attivista in prima linea nelle campagne di solidarietà internazionale. Intervistato dal Corriere della Sera, Casarini ha affermato: «Sono d’accordo con le decisioni prese a bordo: devono andare avanti. La responsabilità dei rischi che corrono i civili è dello Stato di Israele, non degli altri».
Casarini ha anche richiamato il ruolo della Chiesa cattolica, che a suo avviso «va ringraziata e sostenuta per la disponibilità a sostenere una missione di questo tipo». Parole che evidenziano una saldatura tra movimenti laici e ambienti religiosi nel sostegno al popolo palestinese.